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IL COLLOQUIO IN PSICHIATRIA E IN PSICOLOGIA CLINICA

 

Quando, diversi anni fa, recensii questo importante lavoro a firma di tre eminenti psichiatri, MacKinnon, Michels e Buckley (1) conclusi il commento con le seguenti parole: possiamo soltanto sperare che questa terza edizione trovi un editore coraggioso nel nostro Paese per un’accurata e rapida traduzione! (2).

 

Ciò che auspicavo si è avverato e oggi psichiatri e psicologi possono consultare un testo che si colloca ai vertici della produzione scientifico-professionale che ruota intorno al tema del colloquio-intervista, cioè del metodo unanimemente ritenuto fondamentale ed ubiquitario nella gestione della relazione (consultazione, psicoterapia) tra professionista e paziente.

 

Pur essendo evidente che gli autori si rivolgono al professionista della salute mentale declinato nella professione di psichiatra, praticamente tutto ciò che è esposto può essere applicato alla clinica psicologica - per utilizzare un’espressione di Cesare Musatti (1952) che molti anni fa distinse tra psicologia clinica a clinica psicologica – e ciò diviene evidente soffermandosi sui numerosi esempi di interazione tra paziente e terapeuta che sono riportati nel testo. Inoltre, la trama che percorre il testo, fin dalle prime battute e dalle primissime citazioni (Anna Freud, Glen Owens Gabbard) rimanda in modo inequivocabile all’impostazione psicodinamica, un frame che è condiviso da numerosi psicologi e psichiatri e da altri operatori della salute mentale.

 

È bene notare che questo non è soltanto un libro sul colloquio psichiatrico utilizzabile da ogni psicologo clinico, non medico, ma è anche un testo di diagnosi del funzionamento cognitivo, emotivo, interpersonale, dell’affettività, delle difese psichiche e delle capacità di coping.

 

Un testo sulla diagnosi psicologica che, in prospettiva psicodinamica, va oltre il classico concetto psichiatrico del MSE – Mental Status Examination. Da tale punto di vista mi sembra importante sottolineare i seguenti elementi, tutti in vario modo evocati nel testo:

 

(1) la rilevanza della motivazione intrinseca del soggetto (sulla differenziazione tra motivazione intrinseca ed estrinseca v. l’esemplare saggio di Gemelli e Ancona del 1959).

 

(2) L’importanza attribuita a ciò che è clinicamente evidente (un criterio che richiama alla mente il dibattito sulla dimensione del narcisismo svoltosi in occasione della preparazione del DSM-5).

 

(3) La necessità di orientarsi verso la rilevazione della biografia del soggetto piuttosto che rimanere fermi alla sola raccolta dell’anamnesi (in tal caso il pensiero corre verso il paradigma della medicina narrativa declinabile, e declinato, anche nelle discipline Psy).

 

(4) L’esigenza di dare spazi alle risorse del paziente - e sarebbe qui interessante approfondire l’ottica della psichiatria positiva, cioè della “scienza e pratica psichiatriche che cercano di capire e promuovere il benessere attraverso assessment e interventi finalizzati a potenziare i fattori psicosociali positivi nelle persone che hanno, o sono a rischio di sviluppare, malattie mentali o fisiche (Jeste, Palmer, 2015, p. 2-3).

 

(5) L’evidenza dell’effetto terapeutico che anche un solo, o pochi colloqui iniziali di genere diagnostico possono offrire al paziente – vedi il concetto di assessment terapeutico formulato da Stephen E. Finn (2007).

 

(6) Il completo abbandono di concetti desueti come quello del diagnosta o terapeuta come chirurgo della psiche o schermo bianco.

 

In ottica generale, ciò che gli autori propugnano è l’idea per cui “i professionisti della salute mentale non trattano malattie, ma trattano persone” (Morrison, 2014, p. 73), in prospettiva olistica (dal greco holon, intero), per cui essi dovrebbero essere naturalmente orientati a comprenderne la storia (anamnesi e biografia) al fine di porre la diagnosi e, quindi, orientarsi verso la prognosi, sulla scia della formulazione del caso clinico (McWilliams, 1999).

 

Qualcosa di molto simile a ciò che soleva dire Ippocrate con le parole Comprendere il passato, descrivere il presente, prevedere il futuro: questo è il compito.

 

 

  1. Roger A. MacKinnon, Robert Michels, Peter J. Buckley, “THE PSYCHIATRIC INTERVIEW IN CLINICAL PRACTICE”. Third Edition. The American Psychiatric Publishing, 2016,

 

  1. . Vedere la mia recensione alla seconda edizione di “THE PSYCHIATRIC INTERVIEW IN CLINICAL PRACTICE” pubblicata nella rivista “Psicoterapia e Scienze Umane”, Vol. XL, 4, pp. 830-831, 2006.

 

Andrea Castiello d’Antonio

 

Tratto dalla mia Prefazione dal titolo

“IL COLLOQUIO CLINICO TRA SCIENZA E ARTE”

al volume

“IL COLLOQUIO IN PSICHIATRIA E PSICOLOGIA CLINICA”

(edizione italiana: Giunti Psychometrics, Firenze 2019)