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EXCELLENCE IN COACHING

Titolo: 

EXCELLENCE IN COACHING

Autori: 
Jonathan Passmore
Casa editrice: 
Kogan Page, 2021, Pp. XXVI+366, £ 29.99 (Paperback)

Jonathan Passmore è una persona molto nota nell’ambito del coaching anche perché ha pubblicato numerosi testi, soprattutto come curatore. Tra questi ultimi si possono ricordare Diversity in Coaching e Supervision in Coaching (entrambi usciti nel 2013), ma altri testi assai più specialistici, come Psychometrics in Coaching (2012) e soprattutto Leadership Coaching (2015), un lavoro in cui Passmore è stato capace di chiamare a sé un folto numero di autori e collaboratori (alcuni di questi libri sono stati già segnalati in Panorama Risorse Umane). Inoltre, egli è il curatore della collana professionale della Association for Coaching, una serie ormai molto nota in cui sono stati pubblicati la maggior parte dei testi da lui curati. Per la sua attività professionale, editoriale e scientifica, Passmore ha ricevuto diversi premi internazionali avendo al suo attivo ormai più di cento contributi di ricerca che ruotano intorno alle tematiche del cambiamento organizzativo, della leadership e del coaching.

Anche nel volume che qui presentiamo sono stati coinvolti da Passmore oltre trenta colleghi, molti dei quali altamente esperti, e alcune punte di diamante dell’area del coaching come, ad esempio, Cary L. Cooper, Kate Lanz, Philippe Rosinski e Ingrid Studholme, senza contare John Whitmore. Ma perché questo nuovo libro sul coaching dovrebbe essere di interesse per il lettore? La risposta sta nei diciannove capitoli del testo che – essendo scritti da diverse mani e da diverse menti – spaziano su una quantità di argomenti di estremo interesse tecnico e teorico, oltre a dare delle precise visioni sul alcuni dei modelli oggi utilizzati per fare coaching. Iniziando proprio da questi, nella seconda sezione del libro sono presentati e discussi il coaching cognitivo-comportamentale, transpersonale e integrativo, oltre all’approccio definito solution-focused e al modello (sicuramente noto a tutti) che si indica con l’acronimo GROW. Come per tutti gli altri capitoli anche questi conducono infine il lettore verso un panorama di letture di approfondimento e di riferimenti bibliografici che possono utilmente integrare il testo appena letto.

Compiendo un passo indietro, cioè tornando dalla seconda sezione del libro alla prima parte (che è composta da cinque capitoli ed è intitolata The Business of Coaching) si segnalano proprio i primissimi contributi che tendono a focalizzarsi sullo sviluppo del coaching e a dare una risposta – forse una delle tante risposte che è possibile dare – alla domanda cosa è il coaching?

 Insieme a capitoli che hanno un chiaro spessore teorico e anche storico – nel senso che si va alla ricerca delle radici e delle direttrici di sviluppo del coaching – ve ne sono alcuni che incontreranno il favore dei lettori che desiderano andare, come si dice, sul concreto: infatti, in questi capitoli si ragiona su come sviluppare la propria attività di professional coach, come pianificare il lavoro, come strutturare una eventuale azione di marketing, e così via.

La terza e ultima parte del volume – che in certe sue dimensioni, richiama alla mente il vero e proprio handbook, cioè un vero manuale sul coaching per la vastità dei contenuti trattati – è composta da un folto numero di saggi, ognuno specificatamente orientato a trattare una dimensione ben precisa. Anche in questa sezione si va da tematiche alte, come l’etica e l’accreditamento nel coaching, ad altre di taglio operativo, come il contributo che il coaching può offrire a chi è sotto stress. Ma dal punto di vista delle organizzazioni e di coloro che ricoprono ruoli di responsabilità nell’ambito delle Human Resources credo che sia importante soffermarsi sul capitolo quindicesimo, dedicato alla supervisione nel coaching, e sul successivo, che tratta lo spinoso tema del come valutare l’efficacia dei programmi di coaching.

I due capitoli finali, nuovamente più orientati verso questioni di metodo, trattano il team coaching e l’impiego del modello del goal setting nel coaching.

“Il coaching può essere definito un processo collaborativo, focalizzato sulle soluzioni, orientato ai risultati e sistematico in cui il coach facilita l’implementazione delle prestazioni, l’esperienza di vita, l’apprendimento auto-diretto e la crescita di individui e organizzazioni” (p. 121); in tale ottica il coaching è visto da quasi tutti gli autori di questo libro come orientato al futuro e applicato allo sviluppo della performance: una visione niente affatto condivisa nel grande mondo del coaching e che risente notevolmente dello spirito pragmatico e, forse, anche di certe superficiali applicazioni che sono derivate da diverse narrative costruite intorno al coaching – come quella relativa a Tim Gallwey!

Convince molto di più l’incipit della parte seconda del testo in cui si afferma che “una delle sfide che si trova davanti il coach è quella di trovare un metodo o un approccio consistente, da utilizzare con i coachee, che sia sufficientemente flessibile da poter rispondere alle sfide e alle incertezze della moderna vita di lavoro” (p. 105). Ed è proprio in questa direzione che si sono sviluppate così tante e differenti direttrici applicative tutte finalizzate ad essere certamente utili al cliente, ma anche ad essere sufficientemente ben piantate in visioni dell’essere umano valide e consistenti. In tale prospettiva il testo sollecita numerose riflessioni critiche: ad esempio, quando un autore si domanda se è bene essere proud to be superficial… (orgogliosi di essere superficiali), quando viene richiamata l’opera dell’italiano Roberto Assagioli (che con il coaching – e molto altro – non si vede cosa abbia a che fare), o quando è evocata la miracle question – che mi fa venire in mente la terribile moda di osannare le cosiddette powerful questions. Da notare che un certo sforzo, non sempre con esiti convincenti, è speso da diversi autori nel differenziare il coaching dal mentoring e anche dalla psicoterapia. E, naturalmente, il lettore potrebbe essere un abbastanza sconcertato dal leggere, a conclusione di ciascun capitolo sui modelli di coaching, che quel modello appena descritto è il migliore e il più potente. Insomma, un testo interessante e ampio, da leggere con attenzione ma anche con un occhio sanamente critico.

 

Andrea Castiello d’Antonio

 

Questa recensione è stata pubblicata nel sito web

PANORAMA RISORSE UMANE

 Settembre 2022