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Disimpegno morale

Titolo: 

DISIMPEGNO MORALE

Autori: 
Albert Bandura
Casa editrice: 
Erickson, 2017, pp. 612 Euro 28,00

In diretta connessione, e in deciso contrappunto, con il concetto di Moral Agency, questo lavoro del noto psicologo Albert Bandura vuole rispondere ad una serie di domande che spesso il cosiddetto comune cittadino si pone con qualche difficoltà nel trovare una risposta. Domande che ruotano intorno al quesito circa i meccanismi che scattano in una persona nel momento in cui si comporta, temporaneamente, in modo “disimpegnato” rispetto alla consueta e corretta condotta morale, senza per questo provare colpa o sentirsi a disagio.
Il sottotitolo del volume – Come facciamo del male continuando a vivere bene – chiama in causa ciascuno di noi utilizzando (sia in lingua originale, sia nella traduzione italiana) un “noi” che non può sfuggire al lettore attento: dunque si tratta di una tematica che riguarda, o può riguardare, ogni persona, al di là di quanto ognuno pensi che “non si comporterebbe mai…” in un dato modo a fronte di certe situazioni.
L’insieme dei fattori che possono condurre una persona a scivolare verso il distacco momentaneo dalla propria etica sono numerosi e variamente intrecciati. Tra questi troviamo il giustificazionismo e la definizione eufemistica della situazione in cui ci si trova, la minimizzazione delle conseguenze delle proprie azioni o non-azioni, lo spostamento (dislocazione, diffusione) della responsabilità verso altri o altro, il vedere l’altro soggetto come colpevole fino al punto di procedere verso la classica, e ben nota, disumanizzazione dell’interlocutore-vittima. Questo (ed altro) conduce ad una sospensione dell’attività auto-sanzionatoria, dei controlli morali interni e, per così dire, dell’auto-monitoraggio, con la conseguenza del disimpegno rispetto alle regole morali che si basa, tra l’altro, sulla diminuzione dell’angoscia che potrebbe invece prendere il soggetto se davvero si rendesse conto di ciò che sta commettendo, o omettendo.
Nonostante ciò che potrebbe apparire a prima vista, il lavoro di Bandura non rappresenta uno dei tanti e nefasti esempi di Pop-Psychology, cioè quel genere di divulgazione di basso profilo per mezzo della quale concetti e situazioni complesse sono declinate in modo troppo semplicistico e superficiale con l’intento di “spiegarle” a chi non sa nulla di psicologia. Questo lavoro di Bandura è teoricamente fondato (la Teoria Socio-cognitiva), ha alle spalle decenni di ricerche e riflessioni, ed è fortemente interrelato con spunti che provengono da altre fonti (basti consultare la Bibliografia di che conta una sessantina di pagine). Composto da otto corposi capitoli, il testo si apre definendo l’agency morale e, subito dopo, i meccanismi del disimpegno morale, entrando nel merito di contesti specifici in cui le persone manifestano tali distorsioni: inquinare l’ambiente, corrompere e rubare, molestare e torturare, fino ad annientare la personalità e/o la vita della vittima… Tutti questi rappresentano momenti in cui le persone che pongono in essere tali azioni sembrano completamente “immunizzate” dal rischio di provare colpa, vergogna, riprovazione e sanzioni interne – una sorta di totale e inesorabile sospensione del Super-Io freudiano –.
Uno dei (mille) problemi pratici che sorgono riflettendo su queste pagine può essere a mio avviso sintetizzato nel constatare che il “sapere” non conduce automaticamente al “fare” in sintonia con la conoscenza posseduta, e che le “intenzioni” non si traducono meccanicamente in comportamento (come, invece, diversi psicologi, soprattutto nordamericani, continuano a ritenere). Dunque, conoscere le regole del vivere civile ed etico – nella società, in famiglia, nelle scuole, nei luoghi di lavoro - non può dirsi sufficiente affinché le stesse siano realmente applicate; ed il valore di tante ricerche sociali che chiedono ai soggetti “come si comporterebbe se…” emerge sempre più limitato se ciò che davvero ci interessa non è rappresentato dall’idea o dalle “buone intenzioni”, bensì da come realmente una persona agirà in un dato contesto. E, su questa linea, credo che sia necessario porsi anche altre domande: “pesa” più il contesto (sociale, ambientale, situazionale), oppure pesano di più le caratteristiche della persona? E, nel secondo caso, “quali” caratteristiche sono da considerare in via preminente?  Domande che vanno al di là del libro di Bandura ma che hanno un rilievo importante soprattutto in un momento storico, come l’attuale, di deragliamento dei comportamenti individuali e collettivi.
Il concetto di disimpegno morale non è certamente nuovo e l’autore vi ha costruito sopra una notevole mole di studi, ricerche e riflessioni. Tra le opere interessanti di Albert Bandura – che ha pure ricevuto la prestigiosa National Medal of Science dalle mani di Barak Obama il 19 maggio 2016 – ricordiamo il libro Autoefficacia. Teoria e applicazioni, tradotto in italiano dall’editore Erickson di Trento.

Andrea Castiello D'Antonio

 

La recensione è stata pubblicata sul magazine online Qi. Questioni ed Idee in Psicologia,  numero 63, dicembre 2018: https://qi.hogrefe.it/rivista/cat/recensioni/