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Manager in crisi? La psicoterapia per vincere stress, ansie, paure

Psicoterapia per manager

Psicoterapia per manager

Lo scenario sul quale si muove oggi il mondo del lavoro è basato su tre elementi trainanti:

  1. competizione tra strutture organizzative;
  2. velocizzazione sempre più spinta;
  3. attesa di prestazioni eccellenti, (essere sempre “sul pezzo” e “al fronte”)

La gestione per obiettivi (MBO-Management by Objectives), metodo di valutazione del personale che si basa sui risultati raggiunti a fronte di obiettivi prefissati, tende a mettere in competizione i manager della stessa azienda, persone che devono lottare per portare a casa risultati nei tempi previsti.

A questi obiettivi sono legati i premi extra-budget, così, se un manager ha l'obiettivo di aumentare i ricavi delle vendite ed un altro quello di assicurare elevati standard di qualità ai prodotti venduti, può facilmente capitare che i due si trovino in contrasto: da un lato prevale la rapidità d'azione e la proposizione ai clienti di nuovi prodotti, in vista del raggiungimento di obiettivi quantitativi e di margine, mentre dall'altro emerge la necessità di effettuare un ben calibrato controllo di qualità sia dei processi produttivi, sia dei prodotti finali.

 

Un manager sotto stress: esaurimento nervoso, insonnia, disturbi psicosomatici

Se i manager sono così esposti ad una maggiore competizione interna ed esterna, nazionale e internazionale, il clima generale delle situazioni socio-economiche che stiamo vivendo non induce certamente ad affrontare in maniera serena e lucida i problemi da risolvere.  

Non va poi dimenticata la dimensione della «responsabilità manageriale», una dimensione alla quale in genere si associa subito la capacità di gestire le responsabilità e di sopportare lo stress legato a tale compito.

Ciò che una volta veniva denominato «esaurimento nervoso» sembra oggi aver assunto la denominazione (altrettanto vaga e inutile ai fini di comprensione e di cura) di «stress», ed è quindi abbastanza facile tradurre il proprio malessere in stress, e basta. Ma questa dimensione è molto ampia e sempre diversa da persona a persona, e va capito bene cosa significa. In altri casi possono esserci disturbi specifici – insonnia, disturbi psicosomatici - o ansie legate a situazioni specifiche (parlare in pubblico, prendere l’aereo). Ogni situazione è diversa dall’altra.

 

Il coraggio di chiedere aiuto

Le reazioni di stress mutano in relazione alla personalità, al momento di vita, alla situazione contingente, e ad una miriadi di altri fattori tra cui il clima organizzativo e gli stili di leadership, ma vi è il momento in cui il manager sente e capisce di trovarsi in una situazione di crisi personale, di tensione eccessiva e, come talvolta accade, visualizza la rappresentazione di trovarsi sull'orlo di un precipizio o di essere spinto sempre più avanti e sempre più velocemente, senza avere la possibilità di fermarsi, né di tornare indietro. 

Ci si rende conto che non si può continuare ad andare avanti come una macchina ma, come capita spesso a noi tutti, invece di fare opera di prevenzione, si arriva all'ultima spiaggia, senza più fiato e con un notevole peso sulle spalle, e solo allora ci si decide di cercare l'aiuto di qualcuno, di un «esperto».

Superata (o sperimentata senza troppo successo) l'idea di curarsi con modalità informali (parlarne con gli amici) oppure ricorrendo ai farmaci, si apre il campo della psicoterapia.

Si è detto della tendenza al pragmatismo ed alla rapidità nell'utilizzo del tempo che contraddistinguono i manager. Un aspetto importante è rappresentato dalla dimensione dei costi e dei tempi, e del conseguente elemento del miglior rapporto costo-risultati.  E’ allora bene organizzare una sorta di programma terapeutico di cui il manager in difficoltà sente necessità di prendere subito cognizione al fine di capire subito cosa si può fare e in quale dimensione spazio-temporale.

 

La terapia: una corretta diagnosi per sconfiggere le paure e vincere la crisi  

I primi colloqui con il manager in crisi possono rivelare molto delle attese del potenziale paziente, anche per visualizzare la disponibilità della persona nel voler intraprendere un cammino psicoterapeutico. Come in ogni altra situazione di primi colloqui, ciò che è necessario fare insieme al consultante è stabilire il quadro di insieme: in altre parole, procedere ad una diagnosi dello stato attuale della persona.

Una volta effettuata la fotografia dinamica della situazione esistente ed in divenire della persona si apre la rappresentazione del cammino terapeutico: cosa e come si potrà fare nel corso del tempo.

Anche in tale situazione il paziente-manager in crisi presenta spesso condotte difensive: le attese, e talvolta le pretese, sono quelle di sapere fin dall'inizio quanto tempo ci vorrà per completare il cammino e di avere in buona sostanza una sorta di assicurazione preventiva circa l'esito finale. Due attese che, nella maggior parte degli indirizzi psicoterapeutici oggi esistenti, sono destinate a rimanere senza risposta. La terza domanda che nasce in unione alle due precedenti riguarda il «cosa» si farà. Non a caso si tratta di richieste che tendono a tenere sotto controllo il processo psicoterapeutico anche perché un timore diffuso nei pazienti-clienti è proprio quello di «mettersi nelle mani» di uno sconosciuto, essendo privi del necessario controllo sul come e dove si sta andando.

Da questo punto di vista si comprende perché molti manager in cerca di aiuto nutrano più di una diffidenza verso gli psicoterapeuti che sono restii a dare informazioni sul progetto psicoterapeutico. e che si oppongono a porre obiettivi specifici della terapia: la classica situazione di cui si legge nei Prospettive che vedono il paziente iniziare un «lungo e faticoso cammino» senza sapere dove questo lo condurrà e quali saranno i risultati concreti affascinano molto poco tali persone ed, anzi, in genere li fa fuggire a gambe levate!

Una alternativa praticabile e efficace – oltre a chiarire comunque molto bene il programma terapeutico – è quella di intraprendere il counseling o il coaching, percorsi che sono senza dubbio meno impegnativi di una psicoterapia.

Ma il manager in crisi ha bisogno di incontrarsi con un esperto che deve possedere conoscenza e competenza professionale in relazione a ciò che accade nel mondo del lavoro e, specificatamente, nelle relazioni organizzative, riuscendo così a comprendere il contesto nel quale si muove il suo paziente e le caratteristiche delle dinamiche organizzative. Ciò significa considerare gli elementi realistici della vita organizzativa - ad esempio le relazioni tra colleghi e con i superiori, le nevrosi organizzative - sapendo cosa significa la relazione di leadership e di followership, come si declinano gli stili manageriali, quanto può influire il clima organizzativo e la cultura d'azienda.

Dunque, il manager in crisi ha necessità di una risposta specifica alle proprie problematiche, una risposta ben dimensionata e competente su più fronti: non solo psicologica, ma anche basata sulla precisa cognizione di cosa significa, oggi, avere una responsabilità di direzione nel mondo del lavoro.

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