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Fare formazione oggi, il mestiere del tuttologo

Formazione

Professione, mestiere, improvvisazione e tuttologia

Da sempre, chiunque può “fare formazione”, entrare in aula e discettare di comunicazione e ruoli. Eppure è evidente che uno dei principali fattori di insuccesso della formazione sia rappresentato dal docente. 

L’attività di formazione è talmente articolata che sarebbe opportuno almeno qualificare la competenza del formatore declinando in modo specifico le aree in cui egli è (realmente) competente: un bravo progettista di formazione può essere un pessimo docente in aula, un ottimo analista dei bisogni di formazione può non sapere da quale parte iniziare al fine di valutare l’efficacia degli iter formativi realizzati. Per scegliere un buon formatore si dovrebbe analizzare almeno la qualità e il livello delle conoscenze nel settore dei modelli formativi, delle metodologie didattiche e delle teorie dell’apprendimento e del cambiamento individuale e in gruppo.

È troppo richiedere tali conoscenze?

La platea della formazione è stata talmente invasa da nani & ballerine da far perdere completamente di vista che si tratta di una professione seria nella quale non è sufficiente “entrare in aula” e “gestire il gruppo”, così come viene e come si riesce, o – come affermava una vecchia volpe della formazione tempo fa – “uscendone comunque vivi”.

Probabilmente il difetto principale di tutte le attività che ruotano intorno alla cosiddetta gestione delle risorse umane è l’essere stata precocemente intrisa di elementi che nulla hanno a che fare con la “scienza” e con la “professione”. Il recente assalto alla diligenza che si è verificato sulle tematiche del counseling e del coaching rappresenta un ottimo esempio.

I fattori inquinanti sono stati almeno due: le mode, e la tendenza a considerare l’attività operativa della consulenza come un prodotto da vendere ai committenti.

 

Se sei interessato a questo tema puoi trovare un approfondimento nel mio recente articolo per la rivista Informazione Senza Filtro.