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SOFFERENZA E PSICOPATOLOGIA DEI LEGAMI ISTITUZIONALI

Titolo: 

SOFFERENZA E PSICOPATOLOGIA DEI LEGAMI ISTITUZIONALI

Autori: 
R. Kaës, J.-P. Pinel, O. Kernberg, A. Correale, E. Diet, B. Duez
Casa editrice: 
Borla,1998. Pp. 224, Euro 22,00

I sei capitoli che formano questo libro (edizione originale: Souffrance et psychopathologie des liens institutionnels. Elements de la pratique psychanalytique en institution. Dunod, Paris 1996) riprendono, ampliano e portano a conclusione il discorso iniziato con L’istituzione e le istituzioni (Borla, 1991). 

Introdotto da uno scritto di Antonio M. Ferro, il testo si propone di affrontare le problematiche e le evidenze di molteplici forme di sofferenza che si manifestano all’interno dei legami che gli individui intrattengono con le istituzioni in cui operano; l’ottica psicoanalitica e l’esperienza vasta e profonda maturata dagli Autori ne fa una lettura di grande interesse per coloro i quali si trovano a vivere all’interno delle organizzazioni situazioni complesse o sfumate.

Come diviene sempre più evidente in questi ultimi anni, soltanto un vertice di genere clinico, segnatamente psicoanalitico, è in grado di indagare al di là delle cortine della razionalità organizzativa e del dover essere professionale e manageriale, assegnando un senso e un significato ad avvenimenti che, altrimenti, sono destinati ad essere relegati nelle Cose che accadono, perché questa è la realtà...

Tra i principali indicatori delle sofferenze istituzionali sono da ricordare una serie di misure per non pensare quali l’attivismo, l’investimento in compiti di secondaria importanza o nei meccanismi burocratici – al proposito, vedi il mio libro: Andrea Castiello d’Antonio, Psicopatologia del management. La valutazione psicologica della personalità nei ruoli di responsabilità organizzativa. FrancoAngeli, Milano, 2001.

Si comprende come non solo la paralisi e la siderazione segnalano una possibile situazione di sofferenza, ma la stessa direzione è indicata dall’agitazione e dall’iperattività.

Altri indicatori sono da individuare nei meccanismi di proiezione, identificazione proiettiva e regressione paranoide che inducono confusione nei confini della persona, azioni violente e sadiche, e vittimizzazioni.

Ecco emergere sul palcoscenico organizzativo i soggetti porta-sintomo, porta-segno o porta-parola, necessitati loro malgrado a vivere il malessere e la confusione della vita di lavoro.

Tra tutti i capitoli che costituiscono questo affascinante e complesso volume dal sottotitolo Elementi della pratica psicoanalitica nelle istituzioni (collocato nel contesto della collana Prospettive della ricerca psicoanalitica in cui compaiono numerosi altri interessanti testi sulla stessa materia), mi è sembrato particolarmente istruttivo il capitolo scritto da Emmanuel Diet dal titolo Il Thanatoforo. Lavoro della morte e distruttività nelle istituzioni - su questo argomento, vedi il mio post “Il Thanatoforo”.

Viene qui descritto l’emergere del soggetto distruttore, iniziando con il narrare le condizioni di crisi, di incertezza o di non chiarezza organizzativa che rendono possibile il suo apparire in seno ad un gruppo di lavoro.

Definito come un «zelante missionario della pulsione di morte» (p. 132), perverso narcisistico, che seduce per annullare, il suo credo è l’inversione dei valori, la confusione dei registri, lo spostamento delle questioni: portatore di invidia distruttiva, riesce a provocare la rottura delle comunicazioni nel gruppo, non attaccando direttamente nessuno ma sottilmente mettendone in crisi l’identità, il ruolo e la fiducia.

I membri del gruppo sperimentano così penosi sentimenti di impotenza, di vuoto, di necessario disinvestimento professionale, sentendosi sempre più estranei gli uni agli altri, senza la possibilità di venire a capo della situazione e rappresentarsi ciò che accade: «sembra così difficile identificare e nominare un responsabile mentre tutto crolla intorno a se’...» (p. 138), allorché il thanatoforo dirotta l’attenzione sociale su coloro che manifestano la collera, che dissentono o protestano, facendo passare questi ultimi come personaggi strani, che non operano per il bene dell’adempimento del compito organizzativo.

Così il gioco perverso e annientatore avviene in piena luce, senza bisogno di nascondere nulla visto che nulla è nominabile e identificabile.

Spesso il gruppo finisce con il frantumarsi chiudendosi in un meccanismo che annulla ciò che è accaduto, impedisce ulteriormente il pensiero e congela le persone ognuna nella sua solitudine senza senso; una volta che il gruppo è alla deriva e che si sono consolidate le relazioni di alleanza (perverse, sadomasochistiche) tra il thanatoforo e alcuni membri da lui opportunamente scelti, poche sono le speranze che – senza un deciso cambiamento organizzativo o un intervento consulenziale dall’esterno – la situazione possa essere risanata.

Un secondo contributo di particolare rilievo è quello a firma di Otto Kernberg – autore di notevolissimi scritti in tema di psicodinamica organizzativa, molti dei quali tradotti in italiano in vari volumi - che affida alle pagine stampate una riflessione sull’Evoluzione paranoica nelle organizzazioni.

Iniziando con il descrivere i comportamenti paranoici quali il sospetto, il risentimento, l’iper-vigilanza e la precauzione estrema, passa a trattare dell’eziologia del funzionamento patogeno dell’organizzazione, enfatizzando quelli che definisce i processi politici che influenzano la presa di decisione, attivando la regressione nel gruppo.

Dall’incompetenza manageriale al narcisismo maligno, per combattere i quali è necessario comunque un adeguato sistema di valutazione delle risorse umane – vedi il mio recente libro: Andrea Castiello d’Antonio, Il capitale umano nelle organizzazioni. Metodologie di valutazione e sviluppo della prestazione e del potenziale. Hogrefe, Firenze, 2020 – molti sono i fattori che aggravano la patologia istituzionale, attivando a loro volta massicci meccanismi di proiezione, a fronte dei quali vengono indicati quattro sistemi di correzione, con i loro pregi e i loro limiti.

Il primo è la burocrazia, intesa qui come razionalizzazione dei compiti, delle deleghe e delle responsabilità, che impone un elemento di controllo e costrizione, creando circuiti di cooperazione fra i membri; segue ciò che è denominato l’umanesimo, costruito attorno ad un’idea di giustizia e di equità, quindi la democrazia – intesa come un sistema di controllo democratico delle decisioni – ed infine l’altruismo, attivato da «persone ben intenzionate, integre, attente all’organizzazione e ai valori umani operanti al suo interno» (p. 108).

Per concludere, un volume come questo, centrato sulla disamina delle vicissitudini pulsionali e delle fantasie/difese inconsce nei membri delle istituzioni, può contribuire a mostrare ciò che non è subito visibile nel grande gioco che si delinea sul palcoscenico in penombra della vita organizzativa, sia esso un gruppo al lavoro in una struttura produttiva – impresa, azienda, gruppo multinazionale – o un team di professionisti in una ASL o in un ospedale.

 

Andrea Castiello d’Antonio