CONTATTAMI

Per appuntamento

La seduta può essere svolta presso il mio studio oppure online tramite videochiamata.

* campo obbligatorio

CAPTCHA
Questa domanda è un test per verificare che tu sia un visitatore umano e per impedire inserimenti di spam automatici.

SELEZIONE DELLE RISORSE UMANE L'IDENTITÀ PROFESSIONALE DELL'INTERVISTATORE E LO SCOPO DELL'INTERVISTA DI SELEZIONE-ASSESSMENT

selezione delle risorse umane

Se l'intervista di selezione e di assessment è una tecnica multifunzionale e trasversale, ne consegue che diversi sono gli attori aziendali protagonisti e utilizzatori di questa tecnica.

Nell'area della selezione del personale possono infatti essere impegnate figure professionali come il direttore del personale, il capo del servizio di selezione, i professional, gli addetti o tecnici di selezione, dirigenti, capi intermedi e quadri della linea.

 Essendo necessario valutare la stessa candidatura sotto diversi punti di vista, in un ipotetico iter selettivo (che può essere considerato come uno schema generalmente condiviso) l'intervista a fini selettivi si ripeterà per ben tre volte. La prima intervista sarà condotta da un addetto del servizio di selezione con lo scopo di valutare ogni aspetto del profilo professionale soggettivo, la seconda accerterà le conoscenze tecniche e sarà quindi opera di un uomo della linea, la terza e ultima avrà l'obiettivo di giungere a una decisione circa l'assunzione e potrà essere gestita direttamente dal capo del personale o dai suoi assistenti nell'ambito della funzione di gestione.

 Nella prassi aziendale si suole indicare la prima intervista come intervista di selezione vera e propria; alla seconda ci si riferisce soprattutto come "intervista tecnico-professionale" e alla terza come "colloquio di assunzione". Quest'ultimo è spesso gestita da una figura manageriale, o comunque da una persona con potere decisionale, mentre gli altri due colloqui sono, nella maggior parte dei casi, appannaggio di tecnici e di professionisti.

Questo quadro di riferimento cambia in relazione al tipo di selezione (le figure aziendali coinvolte sono differenti se si tratta di candidati neodiplomati, professionisti qualificati, dirigenti di alto livello), al tipo di azienda (maggiore o minore rilevanza culturale e contrattuale della funzione di selezione, qualità della stessa e dimensioni/dislocazioni dell'impresa) e all'eventuale ricorso alla consulenza esterna.

La grande confusione che esiste intorno all'intervista di selezione è proprio determinata dal fatto che si tende a non distinguere tipi di esame che sono profondamente differenti l'uno dall'altro.

D'ora in poi quando parleremo di intervista di selezione ci riferiremo alla classica intervista individuale effettuata da un professional, esperto del servizio di selezione & valutazione delle risorse umane, volta ad ottenere una valutazione psicologica più o meno ampia e approfondita del candidato.

L'intervista individuale di selezione è dunque un rapporto faccia a faccia, che esclude la presenza di osservatori e co intervistatori.

È generalmente un'intervista libera, che non segue un rigido schema prefissato di domande, dalla quale deve scaturire un "profilo" della persona esaminata in relazione alle "specifiche" del profilo professionale e della mansione.

 

 La situazione che prende forma è allora descrivibile in questi termini: una persona (l'intervistatore) appartenente all'azienda o da essa delegata, incontra un'altra persona (il candidato) che ha posto la propria candidatura in riferimento ad un preciso ruolo professionale, o a una mansione, o genericamente in relazione al reperimento di un lavoro, qualunque esso sia.

L'intervistatore possiede un ampio spettro di informazioni e conoscenze che gli permettono, nel volgere di un tempo non inferiore ai trenta minuti e non superiore alle due ore, di capire chi è il candidato in relazione alle esigenze della specifica selezione, e di valutarlo.

L'intervistatore gestisce l'incontro, ne ha la responsabilità e ne risponde di fronte ai suoi superiori e/o al committente, o ad autorità esterne alle quali il candidato stesso potrebbe rivolgersi.

Si pone dunque il problema delle caratteristiche che dovrebbe possedere l'intervistatore per poter svolgere adeguatamente il proprio lavoro. Cioè, le qualità umane e professionali.

 Nella letteratura, a questo proposito, si leggono interminabili liste di aggettivi e di qualità che dovrebbero costituire l'essenza di un intervistatore ideale: si ha generalmente l'impressione che si finisca con il tratteggiare un personaggio astratto, dotato di una serie di pregi non sempre attinenti alla mansione.

 È certamente fuorviante tentare di definire le caratteristiche di un intervistatore latu sensu, senza chiedersi a quale specifico compito sia destinato e quali siano le finalità delle interviste che dovrà svolgere.

 Condurre un'intervista preliminare, in cui, in breve tempo, si vuole scambiare un sintetico dialogo con il candidato per conoscerne la biografia scolastica e le eventuali aspirazioni professionali è cosa ben diversa dall'impegnarsi in una accurata intervista psicodiagnostica in profondità condotta allo scopo di ottenere una quadro completo, articolato e penetrante della personalità del candidato, anche negli aspetti disfunzionali.

Allo stesso modo il colloquio finale di assunzione non richiede al capo del personale particolari ed elaborate conoscenze psicologiche, mentre l'esame effettuato in determinate situazioni di gruppo – dinamiche di gruppo o in gruppo / interviste di gruppo – può arrivare tanto in profondità da offrire indicazioni sulle cosiddette "potenzialità" di sviluppo professionale.

 

Se lo scopo dell'intervista di selezione è conoscere l'altra persona sotto il profilo delle caratteristiche soggettive, di personalità e di motivazioni – in una parola: psicologiche! – allora l'intervistatore dovrebbe essere uno psicologo del lavoro e/o una persona con equivalenti conoscenze ed esperienze nel campo dello studio della personalità e del lavoro organizzativo. Ma ciò non significherebbe in alcun caso effettuare un'intervista di "diagnosi psicologica", dato che per questa sarebbe necessario avvalersi di un professionista con conoscenze di tipo clinico oltreché di genere organizzativo. Una figura professionale rara nel contesto attuale in cui gli psicologi sono o “clinici”, oppure “del lavoro”.

Ma sulla questione dell'identità professionale dell'intervistatore non vi è accordo generale.

Ritengo molto strano e, di fatto, totalmente errato che si sia voluto trasmettere nella cultura organizzativa che solo gli psicologi sono abilitati ad usare uno strumento come il test, dimenticando del tutto l'intervista individuale e i metodi di gruppo. Credo che ciò derivi dal fatto che la maggior parte dei test, e questionari psicologici hanno bisogno di essere corretti, interpretati e valutati secondo certe norme e sulla base di determinate, talvolta molto approfondite, conoscenze specifiche. Conoscenze che pochi hanno, o che hanno voglia-interesse di acquisire.

Ma a maggior ragione l’intervistatore che non usa alcuno "strumento", essendo lui stesso “la tecnica”, dovrebbe possedere una specifica competenza psicologica e una maturità personale a tutto tondo.

 L'organizzazione richiede, attraverso l'intervista di selezione, di poter conoscere dimensioni intellettive, comportamentali, di personalità e motivazionali che non è possibile evidenziare, comprendere e gestire al di fuori di schemi di riferimento circa la struttura e la dinamica della mente e del comportamento umani. Cioè, al di fuori della conoscenza delle teorie e dei modelli della personalità.

 Anche per valutare una dimensione che può apparire semplice come le motivazioni al lavoro conviene essere al corrente che esistono diversi modelli motivazionali, il che comporta la conoscenza dell'essere umano come entità consapevolmente finalizzata e insieme irrazionale, mossa da bisogni, desideri ed aspettative, integrata in un contesto sociale e lavorativo, sviluppata ed educata nella situazione familiare e scolastica, portatrice di norme, valori, opinioni che possono cambiare con il mutare dei tempi e delle condizioni.

Se lo scopo è conoscere l'altro, per poi valutarlo in funzione della posizione da ricoprire o di un ampio inserimento, allora abbiamo bisogno di persone che abbiano studiato particolari discipline nelle quali sono esposti, dibattuti ed elaborati i diversi punti di vista concernenti la realtà psicologica  e quello che viene chiamata la sfera soggettiva dell'uomo al lavoro.

Analogamente alla visita medica che precede l'assunzione (l'accertamento dell'idoneità fisica del soggetto al lavoro), lo scopo dell'intervista di selezione – meglio: dell’intero processo di assessment psicologico del candidato – è quello di accertare l'idoneità psico sociale del soggetto allo svolgimento delle attività a cui è destinato, oggi e nell’immediato futuro.

 

 Un ulteriore problema è costituito dal fatto che un bravo intervistatore, proprio come un bravo medico, non si riconosce soltanto dal titolo di studio o dalle qualifiche e certificazioni che, in alcuni casi molto facilmente, possono essere collezionate nel corso degli anni. Ecco emergere come fattore cruciale la personalità dell'intervistatore, ciò che lui è come persona prima ancora che come professionista.

 Un elenco sintetico e per nulla esaustivo delle caratteristiche soggettive che un professional di selezione e valutazione delle risorse umane, e in particolare un intervistatore psicologo, dovrebbe possedere potrebbe essere il seguente:

 

 vasta cultura generale e interesse a tenersi aggiornato;

 curiosità conoscitiva e specifici interessi nell'ambito delle discipline umanistiche;

 abilità nei rapporti sociali, educazione, flessibilità, capacità di partecipare creativamente alle situazioni;

 maturità e stabilità emotiva, libertà da pregiudizi e preconcetti, autocontrollo;

 capacità logiche, analitiche e di valutazione: sensibilità ai “segnali deboli";

 tendenza all'ascolto, pazienza, intuito e capacità di concentrazione intellettuale;

 capacità autocritica, tendenza a mettersi in discussione e a mutare le proprie convinzioni in virtù dell'apprendimento e del confronto socioprofessionale;

 facilità nell'adattarsi a diverse situazioni sociali senza lasciarsi con fondere dal complesso di circostanze;

  onestà intellettuale, scarsa propensione all'acquisizione di potere e prestigio se non collegati all'evoluzione delle abilità professionali;

 interesse e motivazione allo specifico lavoro di selezione del personale, e/o alle attività fondamentali di gestione delle risorse umane;

 capacità di mantenere un “calm alert state” attraverso il quale seguire con attenzione il rapporto interpersonale con il candidato, evitando situazioni di tensione e sovraffaticamento mentale.

 

Come si vede, i requisiti sopra indicati sono del tutto indipendenti da qualsiasi titolo di studio e concernono la formazione personale dell'operatore più che la sua formazione tecnico professionale.

 Dunque, nel caso dell'intervistatore come in quello di molti altri soggetti aziendali – vedi i manager e le persone che ricoprono ruoli di responsabilità organizzativa – ritengo in prima istanza di maggior rilievo l’aspetto “soggettivo" del profilo professionale rispetto a quello "oggettivo".

Possedere gli strumenti concettuali e le qualità personali che rendono possibile la conoscenza dell'altro deve potersi accompagnare alla capacità di "leggere" il mondo del lavoro, il suo evolversi, le sue dinamiche.

Visto che è poi dal mondo dell'istruzione che proviene la totalità dei candidati alla ricerca del primo impiego, ma anche tutti gli altri, diviene centrale possedere un'aggiornata informazione sulla realtà del mondo dell’istruzione in tutti i suoi diversi gradi. Se consideriamo che queste tre aree conoscitive sono inserite in un flusso costante di cambiamenti per cui è semplicemente impossibile basarsi su dati che non siano aggiornati e rilevati in modo differenziato per classi e zone constatiamo come il "mestiere di selezionatore", pur senza essere ancora entrati nel merito delle tecniche e dei problemi specifici da risolvere, risulti molto interessante ed estremamente impegnativo.

E, come si dice per molti altri “mestieri”, non è un lavoro per tutti!

 

Andrea Castiello d’Antonio

 

Questo articolo è tratto, con modifiche e aggiornamenti, dal mio libro

“SCEGLIERE PER ECCELLERE. Ipsoa, Milano, 1989.

 

Altri volumi più recenti, sullo stesso argomento, sono i seguenti:

 

Castiello d’Antonio A. (2013), L’assessment delle qualità manageriali e della leadership. La valutazione psicologica delle competenze nei ruoli di responsabilità organizzativa. Franco Angeli, Milano.

 

Castiello d'Antonio A. (2015), La selezione psicologica delle risorse umane. Franco Angeli, Milano.

 

Castiello d’Antonio A. (2003), Psicodiagnosi manageriale. Impostazioni tecniche e metodologie nell’assessment manageriale. Franco Angeli, Milano.