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PSICOTERAPIA PER MANAGER - SECONDA PARTE

manager in crisi

PSICOTERAPIA PER MANAGER

(seconda parte)

 

E ora veniamo al momento in cui il manager sente e capisce di trovarsi in una situazione di crisi personale, di tensione eccessiva e, come talvolta accade, visualizza la rappresentazione di trovarsi sull'orlo di un precipizio o di essere spinto sempre più avanti e sempre più velocemente, senza avere la possibilità di fermarsi, né tantomeno di tornare indietro.

Essendo inseriti nei tipici vortici lavorativi ed avendo ormai assorbito le modalità operative sotto tensione, velocizzate e orientate alle cose-da-fare, il più delle volte il manager in crisi si rende conto che non può continuare ad andare avanti come una macchina molto in là nel suo percorso di esaurimento delle proprie energie psicofisiche.

Insomma - come capita spesso e un po' a tutti - invece di fare opera di prevenzione, si arriva all'ultima spiaggia, senza più fiato e con un notevole peso sulle spalle, e solo allora ci si decide di cercare l'aiuto di qualcuno, di un esperto. Ciò avviene dopo aver tentato di risolvere i problemi con l'ausilio delle persone vicine o dei propri familiari, anche se in realtà tale percorso non appare molto frequentato dai manager operativi e sotto tensione che, non va dimenticato, vivono il più delle volte in una dimensione di SOLITUDINE ESISTENZIALE, dedicando energie e tempo quasi esclusivamente al proprio lavoro.

La dimensione della solitudine - solitudine organizzativa se vista nell'ambito delle relazioni socioprofessionali all'interno del luogo di lavoro, e solitudine tour court se considerata sotto il profilo dei rari e in genere non approfonditi rapporti umani che nel tempo libero - conduce spesso, come primo tentativo di cura, all'automedicazione. Tale tentativo può assumere le forme più varie, non necessariamente caratterizzato dall'utilizzo di farmaci.

Ci si può infatti curare da soli in diversi modi - sicuramente meno pericolosi rispetto allo scegliere ed assumere farmaci per proprio conto - come il decidere di prendere un periodo di riposo, fare un viaggio, creare o riprendere un hobby, oppure, ancor meglio, dedicare più tempo a sé stessi (ad esempio, alla cura del corpo ed alla sua tonicità) e alle relazioni interpersonali.

Non va mai trascurato il fatto che la maggior parte delle persone che si rivolgono infine ad un aiuto psicologico si trovano in una sorta di VUOTO ESISTENZIALE E SOCIALE, collocate in situazioni nelle quali il semplice scambio di idee, il confronto e il dialogo appaiono molto limitati.

Decidere quindi di dedicare tempo a sé stessi nella dimensione sociale, con persone che possono e vogliono rispondere alla richiesta di confronto, rappresenta sempre una decisione costruttiva e da incentivare. Tale possibile scelta è però spesso bloccata da una serie di elementi ostativi: il manager in crisi può avere la sensazione di non avere tempo da dedicare a tale ricerca, di non riuscire a trovare le persone adatte, di non voler esprimere i propri problemi ad altri, o di non avere fiducia nel tentativo di confrontarsi con interlocutori pure disponibili.

 

Nel percorso che stiamo tratteggiando vi è però UN ELEMENTO POSITIVO da sottolineare: la persona in crisi si è resa conto della propria situazione, non la nega, non fa finta di nulla, non attribuisce le proprie difficoltà personali ad altro o ad altri, e inizia a visualizzare la necessità di dover fare qualcosa.

Cosa?

Al di là dei tentativi di autocura detti sopra, non va trascurato il ricorso, generalmente eccessivo e/o inappropriato, alla cura psicofarmacologica: l'utopia della pillola che tutto può risolvere, o della miscela di farmaci e psicofarmaci che possono dare una decisa svolta alla propria vita è tuttora persistente e diffusa nel nostro Paese: non dimentichiamo, infatti, che ancora oggi la “cultura psicologica” stenta a farsi largo in una mentalità diffusa per la quale ad un disagio psichico si associa subito una causa fisica o si ritiene, comunque, di aver bisogno della prescrizione farmacologica da parte del medico. Medico che spesso risponde alla richiesta di aiuto prescrivendo psicofarmaci senza chiedere/chiedersi di quali altre risposte curative la persona potrebbe avere bisogno.

La MEDICALIZZAZIONE DEL DISAGIO MENTALE, del distress, delle fasi di vita in cui il manager sempre in tiro sperimenta una chiusura esistenziale ed un esaurimento personale generalizzato, non modificando in nulla lo stile di vita della persona e il suo modo di reagire alle stimolazioni esterne ed interne, ha il respiro corto: il respiro del sollievo del momento, dell'aiutare a superare la fase critica, del dare una spinta in più per continuare a stare sul pezzo e a tenere in mano la barra del timone.

Tale dinamica è ben visibile negli alcolizzati-da-lavoro (i workaholic), nei quali la ricerca della pillola per tenere duro nasconde la necessità di modificare lo stile di lavoro e di vita in generale.

La proposta psicofarmacologica che viene presentata al manager stressato è una proposta doppiamente subdola: infatti essa si applica ad una persona che, tipicamente, va alla ricerca di soluzioni pratiche ed immediate, spesso con un bassissimo desiderio di mettersi in discussione o di impegnarsi in un percorso di rivisitazione della propria modalità di essere.

Dunque, ad una persona che ricerca il tutto e subito l'idea di poter risolvere il proprio momento di crisi con una bella cura medica è particolarmente affascinante.

Non che di un supporto psicofarmacologico non vi sia talvolta necessità - l'esempio tipico è nella cura delle situazioni acute, dei picchi di angoscia, e simili - ma che questo debba per forza rappresentare la sola ed unica risposta alle difficoltà del manager è cosa ben diversa e discutibile.

Superata (o sperimentata senza troppo successo) l'idea di curarsi con le modalità sopra detta, si apre il vasto campo degli approcci psicoterapeutici: un campo, a dire la verità, fin troppo vasto, considerata l'attuale offerta di scuole ed indirizzi psicoterapeutici oggi esistenti in Italia, una caratteristica del nostro Paese che più che arricchire il campo può facilmente indurre una sensazione di smarrimento o di diffidenza.

Anche per questo motivo ho scritto il libro “SCEGLIERE LO PSICOTERAPEUTA. UNA GUIDA PER PAZIENTI E TERAPEUTI” (editore Hogrefe, Firenze, 2022) – presentato nella pagina dedicata alle pubblicazioni del mio sito web https://www.castiellodantonio.it/libri

Diffidenze, difficoltà nel trovare la “persona giusta” (il giusto psicoterapeuta), problemi di tempo, il costo, la logistica e quant’altro non dovrebbero impedire al manager in crisi di rivolgersi al supporto del counseling psicologico clinico-organizzativo, della psicoterapia di supporto e riparativa.

 

Andrea Castiello d’Antonio

 

Oltre al mio libro sulla scelta della psicoterapia e del terapeuta, vedi anche il libro

 

Castiello d’Antonio A., “L’ASSESSMENT DELLE QUALITÀ MANAGERIALI E DELLA LEADERSHIP. FrancoAngeli, Milano, 2013

 

E i seguenti 2 articoli:

 

Castiello d’Antonio A. (2016), MANAGER IN TERAPIA. Psicologia Contemporanea, 265, 44-49

 

Castiello d’Antonio A. (2005), SOLITUDINE MANAGERIALE E VICENDE ORGANIZZATIVE. Personale e Lavoro. Rivista di Cultura delle Risorse Umane, 490, 25-32