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La seduta può essere svolta presso il mio studio oppure online tramite videochiamata.
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La prima volta che ho sentito parlare di “leadership gentile” confesso che ho provato un moto di sorpresa infastidita, mista a rabbia.
Ho pensato “Ecco, ci risiamo! Il solito ‘consulente’ di risorse umane che si inventa una nuova ‘colorazione’ della leadership, una qualunque parola da attaccarci dietro, per vendere qualche corso di formazione…”.
In ambito HR siamo pieni di gente che vende, e che vende il nulla.
Come mi dicevano alcuni partecipanti che erano stati precettati per il solito corso di formazione (del tutto inutile) sulla “comunicazione”, riferendosi a una nota coppia di “docenti”: “Uno fa il fumo, e l’altro lo vende!”
Così, l’idea che adesso ci dovesse essere anche una leadership “gentile” mi è apparsa davvero insopportabile.
Già a questa povera leadership sono stati “incollati” gli aggettivi più strani e diversi.
Va bene, è comprensibile che esista una leadership partecipativa e una autoritaria, una lassista e un’altra assertiva, e pure una leadership “sana” – ad esempio la AUTHENTIC LEADERSHIP (ma chiedere a un capo di essere “autentico” è una bella sfida!) – e una leadership “malata”.
E quella “malata” c’è. Esiste, senza alcun dubbio! Basta girare nei luoghi di lavoro…
Ma anche “gentile”?!?
E poi, chissà perché, si deve parlare e discettare sempre e solo di “leadership”, come se il mondo del lavoro fosse pieno di “leader” mentre – se va bene – riusciamo a scovare qualche BUON MANAGER.
Quindi si dovrebbe lavorare soprattutto sul MANAGEMENT e non sulla leadership, ma lasciamo stare…
Tornando alla gentilezza nella leadership, a poco a poco ho cambiato opinione.
Sì, in effetti, considerando lo stato abbastanza disastrato dei nostri mondi del lavoro, inserire, magari a forza, un po’ di gentilezza non sarebbe male.
Non sarebbe male se si pensa alla generale inciviltà dei comportamenti ormai dilagante nella società a cui i diversi gradi del percorso di Education non pongono alcun rimedio.
Cosa succede?
Succede che un ragazzino, un adolescente, un giovane adulto “formatosi” – si fa per dire – alla maleducazione, all’ineducazione, ai modelli del genere Trump / Putin, nel momento in cui entra nel mondo del lavoro porta con sé tutto questo “meraviglioso” bagaglio di idiozie, incultura, scortesia, villania, arroganza, cafonaggine, e così via.
Dal comportamento non verbale, fino alle parole (in genere, poche) che usa.
Dai gesti e dal non salutare quando entra, al non rispondere alle e-mail che riceve.
Dallo svilire implicitamente (se è un po’ pavido) o esplicitamente (se pensa di essere “dio in terra”) capi e colleghi, al “mi faccio i fatti miei!”, cercando di usare il posto di lavoro a proprio esclusivo vantaggio.
Il BULLISMO è anche frutto di ineducazione – oltre che di libera aggressività distruttiva elargita a piene mani contro chiunque.
Il mobbing lo si fa anche, o soprattutto, offendendo la vittima, rendendola inerte e invisibile con le parole, procurandole timore con i gesti.
Quando nascono momenti di contrasto si cerca di “asfaltare” il competitore soprattutto se la vicenda avviene in ambiente socialmente aperto – sui “palcoscenici” aziendali. E dal contrasto, fisiologico, nasce il conflitto distruttivo. E dal conflitto nasce la lotta, e dalla lotta se ne esce solo con un vincitore e un vinto…
Dunque, pensando alla gentilezza nella leadership – ma perché non anche nella membership, nella followership! – mi è tornato in mente un libro che lessi molti anni fa. Si intitolava “INCIVILITY. THE RUDE STRANGER IN EVERYDAY LIFE”, e non pochi passi erano dedicati alle situazioni di lavoro.
D’altro canto, a pensarci bene, molti passaggi dei libri che ho scritto io stesso – in specie quelli sulla leadership malata (come il vecchio “Psicopatologia del Management”, seconda edizione del 2002), o altri come “L’assessment delle qualità manageriali e della leadership” https://www.youtube.com/watch?v=ol65D1dGvko e sul bullismo nelle organizzazioni https://www.youtube.com/watch?v=047hfCtbuAA – possono essere letti sotto la luce della maleducazione, della sopraffazione incivile ostentata e aggressiva portata con atti e parole.
Dunque: abbiamo bisogno “anche” della gentilezza nella leadership, nel management, nella followership!
Andrea Castiello d’Antonio