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L’utilità del Telelavoro (e Dress Code)

telelavoro-dress-code

Telelavoro e Dress Code curato vanno di pari passo? Così dovrebbe essere!

Come accennavo in un recente articolo, vi è una certa confusione nel denominare il “nuovo” lavoro-da-fuori-ufficio che ha imperversato nel periodo di Quarantena e che si spera potrà proseguire – con un’adeguata alternanza di lavoro in-presenza – anche nei prossimi mesi e anni.

Molti hanno parlato e scritto di “Smart Working” quando, invece, in tanti casi si tratta “solo” di telelavoro, lavoro da remoto, Home Working, Flexible Working, lavoro Agile… Ma va bene così, l’importante, almeno per iniziare, è lanciare queste modalità intelligenti di lavorare ovunque è possibile, senza farne un nuovo totem, e con una saggia alternanza con il tradizionale lavoro nelle sedi aziendali. Infatti, il lavoro fianco a fianco non può essere cancellato, e in molti dichiarano apertamente che “manca l’ufficio, il contatto con colleghi e responsabili, il ragionare faccia a faccia su cose da fare e progetti…”. Quindi, la corretta alternanza dovrebbe prevedere una parte della settimana lavorativa in azienda e una parte da remoto – e non necessariamente “da casa”: da remoto dovrebbe significare in un qualunque luogo ove è possibile lavorare, essendo connessi.

Per accordarsi sui termini e sulle denominazioni di ciò che si sta oggi facendo (sperimentando?) c’è tempo. Per equilibrare le due diverse forme di lavoro un po’ meno… E sarebbe apprezzabile che ciascuna azienda, o gruppo aziendale, possa stabilire i confini e possa precisare le regole del New Normal… modo di lavorare: ad esempio, 3 giornate in remoto e 2 giornate in azienda.

Ma quando si lavora da remoto come ci si presenta? Nel senso: come ci si presenta come abbigliamento, look e ambiente?
 

Dopo aver vissuto tante settimane di quotidiani collegamenti via piattaforme di ogni genere per svolgere colloqui e riunioni online vorrei spendere qualche parola sul dress code e sugli ambienti che si visualizzano quando ci si connette.

Mi sembra che, soprattutto le persone che già in precedenza erano abituate a recarsi in azienda con abbigliamenti informali o casual, in questa nuova dimensione di lavoro, in molte, si siano un po’ lasciate andare… Ecco alcuni esempi tratti dalla mia personale esperienza recente circa persone che sono apparse sullo schermo del pc in:

  • Canottiera
  • Maglietta biancastra, slavata e slabbrata
  • Tuta da ginnastica
  • Camicette stropicciate e sgualcite
  • T-Shirt con le immagini più fantasiose
     

Un secondo aspetto che molti possono aver notato è relativa all’immagine del volto.

Negli uomini, barbe incolte e capelli spettinati, nelle donne capelli ugualmente spettinati o accuratamente raccolti perché non proprio appena lavati.

A corredo di tutto ciò c’è da spendere una parola sugli ambienti in cui si decide di effettuare le connessioni via web per lavoro.

Si va dalla simpatica cameretta dei bambini con pupazzi e giochini che emergono tutto intorno all’immagine del “professionista”, al garage in penombra o poco illuminato; da ruvidi scantinati e cantinole colme di bottiglie e altri attrezzi, alla stanza-ripostiglio in cui su un piano traballante si è poggiato in bilico il pc; dal balcone o terrazzo di casa, con sottofondo di voci e suonate di clacson, a posizionamenti tipo foto-segnaletica in cui il viso si staglia su uno sfondo bianco e disadorno.

Insomma, un disastro.

E ciò che colpisce è che tali “presentazioni” via web non risparmiano nessuno (sarà forse l’euforia del momento): dai tecnici informatici di back-office (generalmente abituati a un abbigliamento approssimativo) fino ai manager e ai professional. Tutti – impiegati, quadri e dirigenti – sembrano aver colto al volo la possibilità di lasciarsi un po’ (un bel po’) andare e partecipare a riunioni e colloqui online in modo assai informale, anche quando queste sono svolte con i clienti o con i propri collaboratori – questi ultimi dovrebbero vedere nel proprio responsabile un “modello organizzativo” a cui ispirarsi…

In conclusione: ben venga il lavoro-da-remoto, o come lo si voglia definire e poi denominare, ma cerchiamo di mantenere un minimo di contegno dignitoso…

 

Andrea Castiello d’Antonio