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Il crepuscolo di una nazione.
America di Trump all'esame di uno psichiatra
Allen Frances è attualmente Professore Emerito presso il Dipartimento di Psichiatria e Scienze comportamentali della Duke University School of Medicine di Durham (Carolina del Nord) che ha diretto per molti anni. Frances è molto noto a livello internazionale anche perché ha guidato la task force che ha pubblicato il DSM-IV ed è stato in precedenza membro del comitato che ha steso il DSM-III, di cui ha redatto la sezione sui disordini della personalità̀. Autore e coautore di centinaia di articoli specialistici e di vari volumi accademici, scrive frequentemente su Huffington Post, Psychology Today e Education Update».
Nel 2017 Frances ha dato alle stampe Twilight of American Sanity. A Psychiatrist Analyzes the Age of Trump (New York: HarperCollins), tradotto prontamente da Bollati Boringhieri l’anno successivo, e oggi riproposto nella collana Saggi Tascabili (traduzione di Aglae Pizzone). Questa riproposizione appare particolarmente utile, considerato il tempo che stiamo vivendo. E ancor più utile se si pensa che, dal 2017 ad oggi, Donald Trump è giunto al suo secondo mandato come presidente degli USA, superando molti ostacoli e persino tutto ciò che è derivato dall’assalto a Capitol Hill.
Frances inizia con il ricordare che Trump non è una questione solo americana: è un vero e proprio problema globale e, inoltre, era del tutto prevedibile che avrebbe avuto successo nella popolazione americana (a patto di non guardare solo a NYC o alla California…). Ma la tesi di fondo dell’autore è che Trump non solo non può e non deve essere valutato psichiatricamente (vedi la Goldwater Rule, ma il fatto che sia narcisista, arrogante, impulsivo e molto altro, non ne fa un caso clinico a cui poter associare un’etichetta diagnostica tratta dal DSM-5. Nonostante questa che potrebbe sembrare una sorta di difesa d’ufficio di The Donald, Frances non è affatto soft nell’analizzare la persona e le sue azioni e fin dalle prime pagine afferma: “abbiamo avuto la nostra bella dose di presidenti stupidi, impulsivi, bugiardi, ignoranti, narcisisti, bellicosi, complottisti e imprevedibili – ma mai prima d’ora un presidente ha incarnato così alla perfezione queste caratteristiche spregevoli tutte quante insieme” (p. 10). E la domanda (almeno, una delle domande di base) torna inevitabilmente a coloro che hanno permesso a una persona di questa tipologia di diventare presidente degli Stati Uniti d’America: quindi, non è Trump il vero problema, ma è la compagine sociale, l’insieme dei cittadini, che vuole lui come capo.
Dalla psicopatologia individuale a una sorta di psicopatologia sociale collettiva.
Al proposito, Michael Diamond, analista esperto di psicoanalisi applicata alle organizzazioni, ha di recente scritto un interessante libro: Ruptures in the American Psyche: Containing Destructive Populism in Perilous Times – qui la recensione:
Il testo di Frances si snoda partendo da una riflessione sulla realtà delle cose della vita e sui motivi per i quali le persone prendono decisioni errate, confuse, sbagliate, fino a considerare il pensiero magico e i deliri collettivi con l’insieme dei pregiudizi che alimentano tali visioni distorte della realtà. E proprio rispetto a stereotipi e pregiudizi si può constatare che “Trump gioca con la paura, esagerando le minacce in modo da potersi presentare come protettore/salvatore e uomo forte. È il normale modus operandi degli aspiranti dittatori” (p. 87).
Pur essendo una persona, come dice di sé lui stesso, che ha trascorso la vita a fare diagnosi psicopatologiche individuali Frances porta molto spesso il discorso sulla società, analizzando le basi della società americana, l’ambizione dirompente, la voglia di dominio, l’aspirazione alla felicità e molto altro: tutti elementi che possono concorrere a vedere un soggetto come Trump il risolutore di ogni cosa! Ciò che Frances definisce l’eccezionalismo americano è collegato al progetto MAGA, al tribalismo, alle armi della persuasione (qui è citato il famoso Edward Bernays, nipote di Sigmund Freud, e padre delle public relations e di un certo genere molto moderno di propaganda-pubblicità), fino a chiedersi perché Trump abbia trionfato contro Hillary Clinton, analizzando le falle della campagna dei democratici.
Donald Trump ha ricevuto una quantità di etichette e alcune di queste ben si collegano alla seconda presidenza – ad esempio, Mobster-in-Chief e Chief Crypto Advocate – mentre alcuni passi del libro di Frances scritti nel 2017 suonano, oggi, tristemente premonitori: “ci sono pochissimi ostacoli istituzionali che possono impedire a Trump una presa del potere assoluto… Non importa sapere se è pazzo, pazzo furioso o solo un cretino incapace e molto fortunato – o una combinazione di queste tre cose. Quello che conta davvero è fermarlo” (pp. 112 e 113-114). E, come sappiamo, non è stato fermato.
Una buona parte del testo di Frances è poi dedicato a rispondere alla domanda su come difendere la democrazia, constatando che “Trump ha vinto… Non è lui a essere pazzo, i pazzi siamo noi che lo abbiamo eletto. E che abbiamo permesso alla nostra società di degenerare al punto tale di permettere a una persona come Trump di essere preso sul serio come candidato alla presidenza” (p. 167). Dall’analisi del populismo progressista fino a quella della figura para-dittatoriale che si presenta come difensore dell’ordine e, nel contempo, come agitatore delle masse meno acculturate, Frances si interroga su alcune grandi personalità della storia, richiama le gesta di taluni presidenti statunitensi, miscelando riflessioni su ciò che è accaduto, su elementi di speranza e di auspicio, per concludere con tre capitoli in cui descrive “il tipo di mondo che avremmo se il pensiero razionale sostituisse i deliri collettivi” (p. 229). Tre capitoli senza dubbio interessanti e avvincenti, ma anche intrisi di una quantità di indicazioni assai complesse e articolate che fanno sorgere la domanda se mai messaggi di questo genere potranno essere recepiti da coloro che… votano per Trump!
Di Allen Frances si devono infine ricordare almeno due testi.
Il primo è La diagnosi in psichiatria: ripensare il DSM-V (Raffaello Cortina, Milano, 2014), introdotto da una bella Prefazione all’edizione italiana a firma di Franco Del Corno, Vittorio Lingiardi e Paolo Migone, e aperto dalla dedica di Frances “Ai miei pazienti, che mi hanno insegnato quasi tutto ciò che so sulla diagnosi psichiatrica e molto di ciò che so sulla vita”.
Il secondo testo, certamente attuale considerata la deriva di certa psichiatria di oggi, è Saving Normal: An Insider's Revolt against Out-of-Control Psychiatric Diagnosis, DSM-5, Big Pharma, and the Medicalization of Ordinary Life. New York: William Morrow, 2013), tradotto da Bollati Boringhieri nel 2013 con il titolo Primo, non curare chi è normale. Contro l'invenzione delle malattie. Un libro che l’autore stesso ha definito, in un’intervista, un mea culpa, un j’accuse e un grido d’allarme!
Questa recensione è stata pubblicata il 15 SETTEMBRE 2025 nel sito web
PSYCHIATRY ON LINE – ITALIA