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Il colloquio psicologico tra psicoterapeuta e paziente

Il colloquio individuale è da sempre riconosciuto come il momento fondamentale di qualunque interazione tra esperto e cliente nel campo della psicologia applicata alla vita delle persone e, in particolare, nell’area della psicologia clinica.

Sulla scia di ciò che qualcuno ha descritto The Long Interview - riferendosi al fatto che una psicoterapia può essere vista come un susseguirsi di colloqui individuali – sia l’intervista di diagnosi psichica, sia il colloquio clinico nella declinazione della psicoterapia, si collocano in quel processo ampio che inizia dalle fasi di start up della relazione tra terapeuta e paziente, e termina auspicabilmente con la conclusione positiva del trattamento.

Si può dunque affermare che l’intera storia delle psicoterapie è la storia del susseguirsi di una serie molto ampia di colloqui in situazione duale e all’interno di regole di setting. In ogni colloquio psicologico ci si impegna a entrare in contatto autentico con la vita e la personalità dell’intervistato, con il suo mondo di emozioni e di cognizioni. Ecco emergere l’idea della coppia al lavoro, del gioco delle fantasie reciproche, dell’esplorazione dei reciproci assetti oggettuali e dell’intero teatro interno che ognuno dei due membri della coppia in interazione riversano e attualizzano nel campo bipersonale.

L’ottica psicodinamica insegna a prestare attenzione ai fattori interni e relazionali, al non detto e al non percepito, alle dinamiche transferali, e a ogni aspetto irrazionale che si vive non solo nel qui e ora del colloquio, ma nel più ampio e complesso mondo della vita quotidiana. La delicatezza è sempre insita nel mestiere di intervistatore clinico e di psicoterapeuta il quale deve necessariamente costruire una relazione di fiducia e un’alleanza temporanea con l’intervistato, vivendo sinceramente la curiosità di conoscerlo, ma sapendo anche che l’investigazione potrebbe portare a scoprire elementi sorprendenti o, talvolta, un poco inquietanti per il paziente stesso.

Psicologia clinicaTra le prime parole che si scambiano nel corso del colloquio e il congedo vi è un mondo, un mondo che deve essere popolato anche da precisi indicatori che orientano l’intervistatore verso l’individuazione di ciò che egli deve scoprire in virtù delle necessità del paziente. Tale aspetto rappresenta un altro potente sostegno per coloro che (giustamente) sottolineano la necessità di possedere un modello della mente dell’essere umano: vi è necessità di essere psicologi competenti, sani e sapienti perché, come ha detto qualcuno in riferimento alla psicoanalisi, la coppia che funziona bene la forma sempre il miglior terapeuta. E, dato che la psicoterapia è esattamente un lavoro “di coppia”, sta nella dinamica del tandem terapeuta-paziente una grande fetta di possibilità di successo o insuccesso del percorso.

Tutto ciò è ben visibile nei processi di presa in carico del paziente e sulle prime fasi di trattamento, lì ove si struttura la fondamentale alleanza terapeutica. Alleanza terapeutica che è stata ormai visualizzata (e che sicuramente rappresenta) il principale fattore aspecifico di successo di qualunque tipologia di talking cure, al di là di scuole, indirizzi, teorie ed approcci metodologici, e di cui già Freud accennava in alcuni suoi scritti (pur non definendola in questo modo).

Nella visione psicodinamica del colloquio clinico si devono prendere in esame le fantasie inconsapevoli tra cui quelle relative al sospetto e alla minaccia all’identità personale rivestono un ruolo di primo piano. L’intervistato – il paziente, il cliente - è chiamato ad aprirsi a uno sconosciuto in una situazione regolamentata da altri, e di fronte a tale situazione in lui si mobilitano le antiche matrici di relazione oggettuali come, ad esempio, quelle persecutorie, idealizzanti, confusive, mimetizzanti e aggressive. Dal canto suo, l’intervistatore-psicologo non solo dovrebbe comprendere tali dinamiche, ma anche astenersi dal reagire a esse, evitando di farsi coinvolgere nella dimensione irrazionale del dialogo e dell’incontro. Eppure è proprio attraverso tale passaggio a Nordovest che l’intervistatore inizia a conoscere l’intervistato superando pregiudizi teorici e attese inconsapevoli scaturite prima ancora di incontrare il paziente.

Tra gli schemi classici d’indagine per mezzo del colloquio, lo psicoanalista Ralph Greenson ha indicato le seguenti possibilità specifiche di diagnosi seguendo la traccia del colloquio clinico a orientamento psicoanalitico: il livello e la qualità del contatto interpersonale tra soggetto e intervistatore, la capacità del soggetto di effettuare l’esame di realtà, l’appropriatezza dell’affettività, l’adeguatezza del pensiero e delle formazioni concettuali, l’equilibrio tra difese e pulsioni, l’esistenza di aree libere da nevrosi, la congruità nel riferire la sua storia di vita, l’esistenza di evidenti tensioni interne, la sua accessibilità ad eventuali mutamenti. Inoltre, appare rilevante la valutazione delle attitudini psicologiche del soggetto come la sua capacità di insight, afferrare le connessioni fra i vari aspetti della sua storia passata e attuale, sentirsi emotivamente coinvolto, e così via.

Un format di colloquio sviluppato negli da Otto F. Kernberg nell'ambito della psicoanalisi clinica applicata alle problematiche di diagnosi psichiatriche appare di interesse perché ha il preciso obiettivo di differenziare tre grandi aree di patologia individuale – ed è quindi fortemente collegata all'analisi dei sistemi difensivi del soggetto -. Con diagnosi strutturale si intende la volontà di definire la struttura intrapsichica del soggetto, distinguendo le situazioni organizzative mentali nevrotiche, psicotiche e borderline sulla base del senso della propria identità (integrazione versus diffusione), della costellazione delle operazioni difensive (sviluppate o arcaiche) e della presenza/assenza dell'esame di realtà. Tale tipo di intervista clinica - che è bene precisare si basa su un punto di vista teorico del tutto diverso da quello che ha ispirato la costruzione dei DSM e le conseguenti indicazioni operative di esame psichico - si collega strettamente all'analisi della struttura difensiva del soggetto, prendendo però in esame anche lo stato delle sue relazioni interpersonali, il decorso personale e la relazione attuale con l'intervistatore, operando sulla base della chiarificazione, della confrontazione e dell'interpretazione.

In secondo luogo, l'intervista strutturale può essere applicata in quelle situazioni di assessment psicologico nelle quali si debba raggiungere una diagnosi clinica di genere profondo, fondamentalmente distinguendo lo spettro della normalità dalle maggiori psicopatologie.

Il colloquio in psichiatria e psicologia clinicaI migliori libri sul colloquio clinico (pochi, a dire la verità) rappresentano testi che si muovono non solo sul versante della clinica psicologica e della psichiatria - utilizzabile da ogni psicologo clinico non medico, e da ogni medico-psichiatra - ma è anche su quello della diagnosi completa della personalità del soggetto, del funzionamento cognitivo, emotivo, interpersonale, dell’affettività, delle difese psichiche e delle capacità di coping. Ma la lettura e la capacità di interiorizzare tecniche e nozioni non ha molto a che fare con la vera e propria competenza clinica: non si diventa psicoterapeuti soltanto leggendo (auspicabilmente: studiando) libri! Eppure i libri sono importanti perché – se autentici, e scritti da soggetti esperti – rappresentano il precipitato di decenni di esperienza, riflessione e autocritica.

In lingua italiana, il testo più importante, aggiornato e utile oggi disponibile è quello a firma di Roger A. MacKinnon, Robert Michels, Peter J. Buckley, Il colloquio in psichiatria e in psicologia clinica (Giunti Psychometrics, 2019). Un libro a cui sono molto affezionato e che non casualmente ho recensito due volte, nella sua seconda e terza edizione in lingua inglese. La recensione alla seconda edizione di The Psychiatric Interview in Clinical Practice è pubblicata nella rivista Psicoterapia e Scienze Umane, Vol. XL, 4, pp. 830-831, 2016, mentre la recensione alla terza edizione (quella tradotta ora da Giunti Psychometrics) è stata pubblicata nella newsletter Qi. Questioni e Idee in Psicologia, numero 40, settembre 2016.

Con il testo di MacKinnon, Michels e Buckley (a cui hanno contribuito per la stesura di cinque capitoli, John W. Barnhill, Brad Foote, e Alessandra Scalmati) siamo di fronte a un lavoro che si differenzia completamente dai molti manuali o trattati sul colloquio psichiatrico basati su format altamente strutturati di cui l’esempio eclatante è rappresentato dalla declinazione di intervista proposta come supporto al DSM-5, la SCID-5-PD di First, Williams, Benjamin, Spitzer. Siamo anche lontani anni luce dalle procedure di interrogazione, piuttosto che di intervista, che ricalcano le modalità con le quali una certa parte dei “vecchi” psichiatri manicomiali tendeva a liquidare il paziente in poche battute, incasellandolo in celle nosografiche. Questo libro – come ho scritto nel contributo all’edizione italiana, riesce davvero mirabilmente a coniugare la scienza e l’arte del colloquio clinico applicato ai campi della psichiatria e della psicologia!

 

Andrea Castiello d’Antonio