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Il caso clinico. Dal colloquio alla diagnosi

Titolo: 

Il caso clinico. Dal colloquio alla diagnosi

Autori: 
Nancy McWilliams
Casa editrice: 
Raffaello Cortina, Milano, 2002.

 

Il volume inizia con una riflessione sul significato della “formulazione dinamica” di un caso clinico e sugli aspetti interpretativi, sintetici, inferenziali ed artistici che sono mobilizzati nella definizione di una diagnosi psicologica di genere psicoanalitico (si ricorderà il volume della stessa McWilliams La diagnosi psicoanalitica, del 1994, presentato in italiano da Astrolabio). A tale iniziale riflessione si accompagnano – nel corso di tutto il testo – una serie di acute osservazioni critiche sull’uso dei criteri a-teoretici proposti nei DSM e sull’applicazione del punto di vista comportamentistico all’assessment ed alla terapia, supportato da ciò che è definito un clima cinico - incoraggiato dalle leggi di mercato – che vede nel sistema sanitario statunitense un’azienda e considera le prestazioni fornite come qualcosa da sottomettere alle verifiche oggettive d’efficacia (argomento sul quale le compagnie di assicurazione sono ovviamente attentissime), nell’ambito dei cosiddetti trattamenti empiricamente validati.

La dimensione della soggettività del consultante e la relazione con il consultato divengono immediatamente i due termini di riferimento di base intorno ai quali ruotano le considerazioni tecniche espresse nel testo, in ciò che è definito l’arte della clinica (unita ad un atteggiamento compassionevole e caritatevole del terapeuta, precisazione sulla quale non tutti saranno completamente in accordo). La capacità del terapeuta di comprendere l’altro è vista come preminente rispetto alle conoscente teoriche e tecniche possedute.

Il primo dei dieci capitoli prende in esame le relazioni tra formulazione diagnostica ed avvio della psicoterapia, mettendo in rilievo quanto la formulazione psicodinamica del caso tenderà ad influenzare la direzione della terapia e l’atteggiamento stesso del clinico. Sono qui precisate le aree che dovrebbero essere coperte dall'indagine diagnostica iniziale, in stretta connessione con gli obiettivi della psicoterapia, sintetizzati in una dimensione di salute esistenziale che comprende sia i canonici requisiti della capacità di amare, lavorare (e giocare), che quelli inerenti lo sviluppo dell’insight e del senso di benessere.

Il versante tecnico del testo si apre con il secondo capitolo, dedicato al colloquio di psicodiagnosi e soprattutto reso interessante dall’esplicitazione dello stile personale dell’Autrice nell’effettuazione dei primi colloqui (un resoconto scritto  per andare incontro alla curiosità dei lettori su come i terapeuti lavorino nella realtà). Dalla stretta di mano iniziale (meglio: dalla risposta alla chiamata telefonica del paziente), fino alla definizione degli onorari, tutto è descritto concretamente e sinteticamente, con semplicità e chiarezza, fino al momento della formulazione della diagnosi: qui è esposto il punto di vista dell’Autrice fermamente basata sull’idea che sia “una questione di rispetto di base il fatto che il terapeuta condivida la diagnosi con il paziente, spiegandone le basi e chiarendo in che modo il trattamento raccomandato sia appropriato al caso” (p. 37). Talvolta il processo diagnostico chiama il paziente in un vero e proprio riconoscersi in definizioni standard, ad esempio quelle relative alle categorie del DSM - cosa che offre fin troppo concretamente l’idea di cosa possa voler dire condividere la diagnosi -.

I capitoli centrali del testo affrontano il tema della valutazione diagnostica scomponendolo in vari sotto-insiemi e partendo dalla necessità di saper comprendere ciò che il paziente non potrà modificare di se stesso, comprese le circostanze di vita, la realtà dell’esperienza passata, e tutto ciò che il terapeuta dovrebbe considerare come dei dati non modificabili, da acquisire per ciò che sono, o che sono stati (esemplificando: gli effetti irreversibili di traumi, malattie o incidenti, il temperamento, ma anche la storia personale al cui interno sono collocati i genitori “reali”).

Il tema della valutazione delle problematiche evolutive è introdotto da alcune considerazioni critiche sulla teoria psicoanalitica classica ed alcuni accenni sulle evoluzioni post-freudiane, soprattutto puntati verso la teoria dell’attaccamento e la sua utilità per la pratica psicoterapeutica.

Tra le indicazioni tecniche fornite, occupa una posizione centrale la valutazione di un problema attuale come conflitto, oppure come arresto evolutivo; è evidente che una tale valutazione comporta la conoscenza delle teorie psicoanalitiche dello sviluppo ed un loro apprezzamento personale - come si legge nell’affermazione seguente: “La maggior parte degli analisti contemporanei seguono Erikson nel dare meno importanza alle pulsioni per sé, e nel focalizzarsi sulla qualità della relazionalità che caratterizza ogni fase” (p. 79). E’ forse proprio in questo capitolo che si può apprezzare una caratteristica del lavoro di McWilliams e cioè il suo essere storicamente e geograficamente collocato, certamente molto legato alle problematiche attuali della professione e dei sistemi che la contengono, ma anche sicuramente portatore di una visione in taluni casi abbastanza limitata delle questioni in discussione.

Il quinto capitolo verte sulla valutazione del sistema difensivo del paziente, giudizio che è tratto dal suo modo di essere globale durante il corso dei primi colloqui. E’ ripresa la distinzione di Kernberg tra difese primitive o primarie e difese secondarie o mature al fine di supportare l’opinione che alcune difese rappresentino in sostanza dei meccanismi di adattamento, al meglio della loro possibile espressione, in quel dato momento e per la persona in oggetto. Utile ed interessante risulta la distinzione operativa tra difese caratteriali e situazionali, sia per come essa è esposta (compresi gli esempi clinici e la critica verso il seguire sempre e comunque il sentiero che conduce dal superficiale al profondo), sia per i collegamenti tracciati con il trattamento.

Strettamente legata alla valutazione della difese è la valutazione degli affetti, tematica introdotta da una breve critica alla teoria pulsionale “classica” e da un richiamo all’opera di uno dei maestri di McWilliams, Silvan Tomkins (che ha proposto una sistematizzazione basata su nove affetti innati).  Alcune domande di base, come quelle relative alla capacità del paziente di distinguere tra affetti ed azioni, convergono sul tema delle “implicazioni terapeutiche del vederci chiaro riguardo agli affetti” (come recita il titolo di un paragrafo), che punta ad evidenziare i limiti di una soggettività pur disciplinata, frutto di un’ideale analisi didattica completa e felicemente conclusasi. “Le nostre psicologie individuali pongono limiti invisibili alla nostra empatia” (p. 125), ed è perciò importante partecipare ai gruppi di supervisione e discussione dei casi clinici.

I Capitoli VII e VIII sono dedicati alla valutazione delle identificazioni e dei pattern relazionali. Distinguendo i processi di interiorizzazione primitivi dalle identificazioni tendenzialmente volontarie e più sfumate, è sottolineata la dinamica bidirezionale (esempio: il bambino che interiorizza la madre, la quale a sua volta ha modificato alcuni aspetti di sé per adattarsi e rispondere al proprio bambino): attraverso le reazioni transferali sia la natura sia il tono evolutivo degli oggetti interiorizzati (perno di identificazioni o di contro-identificazioni) possono essere dedotti e compresi.

“Il problema dei modi ripetitivi in cui una persona si relaziona agli altri è strettamente connesso a quello delle identificazioni” (p. 153). Le relazioni oggettuali interiorizzate – piuttosto che gli oggetti interni – danno conto della gamma drammatica e conflittuale dei pattern relazionali che si manifestano nella vita quotidiana, così come in terapia. Una anamnesi accurata illumina la genesi delle relazioni oggettuali, comprese quelle che brillano per la loro assenza, cioè quelle modalità di relazione che non sono mai state presenti nell’esperienza del soggetto.

Il narcisismo sano – nella sua versione dell’autostima – costituisce l’argomento del Capitolo IX. Dando spazio ad una disanima del concetto di Super-Io, si discutono le modalità inferenziali con le quali è possibile scoprire la qualità ed il livello della stima di sé del paziente, recuperando anche il contributo degli psicoanalisti esistenzialmente orientati, come V. Frankl e R. May. Sono anche affrontate le questioni teorico-pratiche sul come riorientare ragionevolmente l’autostima del soggetto, e sul come fornirgli un aiuto valido e vero senza ferirne l’autostima. Riemerge qui l’attenzione alle variabili sociali e sociologiche degli standard culturali che sostengono l’autostima delle persone nella civiltà occidentale.

Nell’ultimo capitolo McWilliams analizza le dimensioni cognitive relative alle credenze patogene ed ego-sintoniche - ancorate a periodi arcaici di sviluppo (o apprese nel corso dei processi di educazione e socializzazione) -. Esplorando le funzioni delle credenze patogene per l’economia mentale ed il loro ruolo di anticipatrici e strutturatrici dell’esperienza – “è quasi un miracolo il fatto che in una psicoterapia queste credenze infantili sovradeterminate possano essere modificate del tutto” (p. 207) – ne è sottolineata la difficoltà di trattamento e la necessità di effettuare accurate ipotesi sulla loro natura fin dai primi colloqui.

Nancy McWilliams – vedi il suo sito web https://nancymcwilliams.com/ -  è Ph.D. & Faculty Member presso l’Institute of Psychoanalysis and Psychotherapy del New Jersey e il Minnesota Institute for Contemporary Psychoanalytic Studies: opera come libera professionista a Lambertville (nello stato del New Jersey).

Sulle tematiche affrontate dalla McWilliams in questo lavoro, pubblicato in lingua originale con il titolo Psychoanalytic Case Formulation (Guilford, New York & London, 1999) ho svolto diversi seminari nel corso del tempo e ho notato che vi è un grande interesse verso una migliore comprensione iniziale del paziente secondo l’ottica psicodinamica. E’ dunque da augurarsi che tale interesse possa produrre ulteriori frutti.

 

Andrea Castiello d’Antonio

 

http://www.raffaellocortina.it/scheda-libro/mcwilliams-nancy/il-caso-clinico-9788870787399-848.html