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The fulfilling workplace

Titolo: 

THE FULFILLING WORKPLACE

Autori: 
Ronald J. Burke, Cary L. Cooper (Edited by)
Casa editrice: 
Gower, 2015, Pp. XVII+323, £ 75.00 (Hardback)

Nell’ambito della Psychological and Behavioral Aspects of Risk Series, coordinata dagli stessi curatori di questo interessante libro sulla salute organizzativa, sono già stati pubblicati alcuni volumi su diversi temi, tra i quali Occupational Health and Safety, a cura di Burke, Clarke e Cooper. In questa collana compare ora The Fulfilling Workplace, un libro che affronta in modo diretto le principali direttrici di ricerca e di intervento che ruotano intorno alla vera e propria “lotta” che le persone ingaggiano con le loro organizzazioni al fine di salvaguardare almeno una parte della loro salute personale e sociale, compreso il mitico work-life balance.

Analisi e soluzione della bad leadership e delle patologie organizzative che affliggono il mondo del lavoro

Fondamentalmente il testo si snoda su due direttrici.

La prima è quella della discussione sulle molteplici forme di patologie organizzative che oggi affliggono il mondo del lavoro e, con esso, le persone che vivono al suo interno.

È soprattutto la patologia del potere sotto forma della bad leadership, la leadership “cattiva” che è messa sotto osservazione.
Da tale punto di vista sorprende la quantità di ricerche che sono state effettuate al fine di individuare tutti i fenomeni che ruotano intorno al problema dei capi incompetenti o francamente malati: già dal primo capitolo, che introduce il tema, Ronald Burke espone una gamma impressionante di studi che ormai, senza ombra di dubbio, indicano quali e quante sono le “sofferenze” sociali, individuali e organizzative a cui vanno incontro le persone che devono vivere in ambienti mal gestiti.

Leggendo queste pagine sembra che la healthy organization – l’organizzazione salutare, salubre – sia proprio un miraggio, ma è la seconda parte del testo a gettare una certa speranza sulle possibilità di recupero e di risanamento delle aziende malate. Anche in tal caso gli autori, che hanno scritto i quattro capitoli di questa seconda sezione, si basano fortemente su studi e ricerche condotte in diversi ambiti di lavoro; studi che confermano quanto i professionisti di sviluppo delle risorse umane e gli psicologi del lavoro sanno per esperienza: ad esempio, il potere positivo della comunicazione interna e della fiducia reciproca, la possibilità di sviluppare non solo motivazione, ma una vera e propria “passione” professionale, il contributo delle esperienze flow nello svolgimento dei compiti e, più in generale, la costruzione del capitale sociale.

Dato che l’individuo è al centro del discorso, la terza parte è dedicata alle risorse individuali, compresa l’immancabile resilienza.

Sono qui esplorate le dinamiche tra il soggetto e le situazioni di lavoro, sottolineando il potere positivo del possesso di sani valori individuali ma anche mettendo in guardia dal fatto – purtroppo non raro – che non sempre i valori sono agiti nel mondo del lavoro. Anzi: una certa tolleranza agli aspetti negativi del lavoro e al comportamento distruttivo di capi e di colleghi sembra pervadere molte realtà professionali.

Ancora una volta il narcisismo si evidenzia come un fattore insidioso e da combattere se presente specialmente nei manager, ma è necessario effettuare ancora un passaggio, cioè passare dall’individuo all’organizzazione.

La quarta e ultima parte del libro, con i suoi otto capitoli, tratta di ciò che le imprese e le organizzazioni pubbliche possono fare al fine di rendere la vita di lavoro sufficientemente sana e lineare.
La lettura di queste ultime pagine potrà essere di grande supporto ai colleghi che si occupano in prima persona di gestione delle risorse umane dato che non solo sono indicati approcci più o meno nuovi per fare prevenzione e terapia, ma sono anche forniti alcuni casi concreti che esemplificano ciò che è suggerito.

 

Andrea Castiello d'Antonio