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Formazione e deformazione. La “ripartenza” 2021

Formazione e deformazione

Si avvicina il tempo della “ripartenza” in cui l’Italia dovrà realmente spendere – cioè investire! – i fondi che arriveranno dall’Europa.

Come tutti dicono, si tratta di un’occasione unica. Unica sia per le persone oneste e le imprese che vogliono ripartire, sia per il malaffare, in tutte le sue forme e dimensioni.

La formazione – aggiornamento professionale, addestramento, riqualificazione, sviluppo delle capacità soggettive e tecniche… - sarà all’interno di questo quadro di investimenti e di speranze per il futuro.

L’Italia non parte proprio bene sul versante della spesa dei fondi pubblici nel variegato mondo della formazione.

Senza evocare le terribili situazioni che hanno visto fondi europei inghiottiti da formazioni false, apparenti, mai erogate o inutili – situazioni sulle quali intervengono le forze dell’ordine e la magistratura – non si può tacere del rischio, reale e concreto, che ancora una volta le disponibilità che l’Italia potrà avere per investire in formazione possano andare incontro a deragliamenti di varia natura.

A volte mi è stato chiesto perché ho scritto il libro Come, quando e perché la formazione non funziona. Cause e rimedi per una formazione utile e sostenibile (Franco Angeli, Milano, 2014)

Un libro scomodo in cui – a fronte della favola sulla formazione sempre “buona, bella & brava”, dell’incensamento della formazione e dei formatori, e di tanti libri di self-marketing – si mettono in luce le deformazioni a cui è possibile andare incontro con conseguente de-formazione dei partecipanti alle sessioni formative, siano esse di gruppo, siano individuali come nel caso del Coaching – vedi alcuni miei articoli come, ad esempio, “Luci e ombre del Coaching”, Psicologia Contemporanea, 231, 76-80, 2012, e “Il Coaching, Risorse Umane nella Pubblica Amministrazione, XXVII, 6, pp. 55-70, 2013

Ecco perché ho scritto questo libro.

Perché la formazione è da diverso tempo oggetto di incompetenza, abusi e malaffare.

Nel mondo pubblico, basti pensare alle modalità con cui (da tempo!) le società di consulenza partecipano alle gare di appalto. I ribassi d’asta sono arrivati fino al 50%!

E quando al parametro “costo” è dato un peso notevole, sarà la società che si propone con ribassi di questa entità ad aggiudicarsi l’appalto… (eventi simili avvengono anche in altre aree professionali, come nell’informatica).

Non è necessario essere dei geni per capire “quale” potrà essere il “prodotto” offerto alla specifica PA da parte di un ente che decide di rinunciare al 50% della somma che il committente stesso aveva stimato come base d’asta!

Certamente non solo nell’ambito della Pubblica Amministrazione, ma anche in quello delle imprese e dei grandi gruppi, possono verificarsi varie situazioni distorcenti.

Nel mondo delle aziende private – non legate alle gare di appalto – avvengono altre situazioni deformanti. E, in tutti i casi, pubblico o privato, vi è poi il tema della competenza di chi entra in aula. Anche quando il committente, per mettersi al sicuro da critiche, affida l’incarico a società o istituzioni dal nome altisonante – abitudine ampiamente diffusa.

Ricordo il dialogo tra due “formatori” che dovevano alternarsi in uno dei classici (e inutili) corsi sulla comunicazione che andavano molto in voga decenni fa. Non sapendo cosa fare e come organizzare il tempo, il primo diceva, in perfetto dialetto romanesco, “Faje ‘a vecchia e ‘a ggiovane”…, e l’altro rispondeva  “Nun me va, me piace de più ‘a papera e er conijo…” – riferendosi a due banalissime rappresentazioni visive dei meccanismi della percezione.

In un altro caso, guardando al corso di formazione come a un barattolo da riempire di cose alla rinfusa, ecco il “formatore” gettare dentro una intera giornata sul comportamento non verbale, un’altra giornata sulle teorie implicite, e nella terza – tanto per non farsi mancare nulla – un bell’esercizio come il “crash nel deserto”. Così, per finire giocando…

Formazione apparente, a pioggia, inutilmente teorica, oppure piattamente pragmatica, venduta – negli anni novanta, soprattutto – a costi incredibili. O a costi credibili, se al costo si doveva aggiungere qualche regalo per il committente che decideva da chi comprare…

Un venditore di formazione raccontava molto tempo fa che negli anni ruggenti, in cui una giornata banalissima di formazione si poteva vendere a diversi milioni di lire, a fine anno faceva… “il giro delle sette chiese”, dispensando regalini ai diversi committenti che avevano acquistato i corsi della sua società di consulenza.

Perché richiamare tutto questo?

Perché l’Italia è il paese della corruzione e della concussione.

Perché l’OCSE, il Consiglio d’Europa, Transparency pongono il nostro paese tra i peggiori in quanto a etica e onestà diffuse, se confrontati con i paesi “progrediti”.

L’Indice di Percezione della Corruzione (CPI) 2020 pubblicato da Transparency International classifica l’Italia al 52° posto sui 180 Paesi oggetto dell’analisi.

Punteggio 53, in una scala che vede al minimo paesi come Somalia e Sud Sudan (punteggio 12 per entrambi) e all’apice la Danimarca e la Nuova Zelanda (punteggio 88 per entrambi).

Il pericolo che la formazione torni ad essere inghiottita nelle fauci larghe dei tanti coccodrilli che popolano il nostro paese è più che reale.

 

Per approfondire:

Sulla formazione, ecco alcuni dei miei articoli:

"Il mondo in cui viviamo e lo spazio della formazione"

"Su alcuni limiti dell'efficacia della formazione"

Sul formatore tuttologo: "Il mestiere del tuttologo. La figura del formatore"

 

Andrea Castiello d’Antonio