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A Body Made of Glass
Ipocondria. Tra il romanzo, il libro di memorie e il trattato scientifico si snodano le pagine di questo lavoro a firma di Caroline Crampton, romanziere, autrice di podcast, autorevole voce della BBC e di Sky News, i cui libri sono stati recensiti in periodici come il Guardian, la London Review of Books e Spectator.
Dunque, l’ipocondria. Cioè, un corpo fatto di vetro, un corpo sempre da guardare con molta attenzione, da scrutare, da vedere in controluce alla ossessiva ricerca di qualcosa che non va come dovrebbe andare, di qualche segnale di un male – prossimo, venturo, futuribile, eppure presente – che è lì in agguato, sempre. E, infatti, le angosce e le paure di essere affetti da malattie non diagnosticate, mal individuate, o ancora ignote emerge a ogni passo – coloro che, eventualmente, dovessero soffrire di disturbi non diagnosticati e non diagnosticabili hanno ancor più bisogno di altri di cure psicologiche e comprensione: direi, in una parola, di ascolto empatico e di compartecipazione!
Non sarà che i segni di eventuali malattie possono essere presenti nel nostro corpo per giorni, mesi, anni… del tutto silenti? Sì, è proprio così: può accadere. E, allora, chi è sano non vuole minimamente pensarci – ci pensino gli ipocondriaci! Possibilmente rimanendo lontano e in silenzio!
Non a caso l’autrice chiosa: “quando cerco aiuto per qualche problema di salute, sia reale o immaginario, assumo su di me il rischio di non essere creduta” (p. 119). E può andare anche peggio: del soggetto ipocondriaco si può sorridere, si può ridere; il tragico diventa comico, il comico dopo un po’ annoia – e il ruolo della persona che si presenta costantemente invalida e incerta sul proprio stato di salute finisce con il creare fastidio.
Per aggredire il tema dell’ipocondria l’autrice chiama in causa visioni mediche, culturali, filosofiche, storiche, antropologiche, andando a rintracciare le radici della hypokhondria (in greco) e proiettandole fino al giorno d’oggi. Dal modo di concepire il binomio salute-malattia di Ippocrate fino alla definizione psicosomatica, all’intreccio corpo-mente, alla psichiatria e al DSM-5. Con il mutare delle definizioni di ipocondria sono mutati anche i trattamenti nel corso del tempo ma è rimasto stabile il sentimento di percepire una malattia fisica che prende spazio nel proprio mondo interiore, resiste agli accertamenti e alle rassicurazioni, e permane immutato a dispetto delle prove di realtà.
Il testo è specialmente arricchito dall’esperienza personale dell’autrice, un’esperienza che ha le sue radici nella diagnosi ricevuta a diciassette anni di linfoma di Hodgkin (una forma di cancro al sangue), seguita da altre vicissitudini sempre legate a fenomeni tumorali, da cui si è sviluppata la preoccupazione ipocondriaca. In modo paradossale, una volta superato il problema fisico si è accesa l’ansia psicologica, la fissazione sulla possibilità/realtà dell’essere malata. Ecco, dunque, lo sguardo dall’interno della malattia, il vivere dolorosamente la situazione in cui corpo e mente appaiono bloccati, entrambi, dall’angoscia. Una condizione che ha accomunato persone illustri come Marcel Proust, Charles Darwin, Immanuel Kant e Virginia Woolf.
In un mondo in cui il corpo, l’estetica e l’apparire hanno acquisito così importanza, i timori relativi a portare dentro di sé qualcosa che non va sono aumentati per il loro potere di deturpare i lineamenti del fisico. In parallelo, internet ha permesso a tutti di andare alla ricerca di informazioni e notizie su salute & malattie, causando auto-diagnosi fantasiose, auto-terapie, ulteriore preoccupazioni e ricerca magica della soluzione.
Si apre, così, il capitolo sull’intreccio tra ipocondria e moderna società del benessere, tra tecnologie mediche e cura del proprio corpo, tra ricerca di certezze e necessaria accoglienza delle incertezze, tra illusioni e disillusioni – tipiche quelle relative alle diete e alla medicina estetica. Il tema dell’ipocondria è considerato dal punto di vista del paziente, dei familiari, della società, ma anche dei medici e delle istituzioni che hanno in carico la cura, ed è discusso pure in relazione a quel momento speciale di vita che è stato sperimentato nel corso della pandemia Covid-19 (in cui gli ipocondriaci hanno trovato, per così dire, una loro legittimazione).
Il libro invita i lettori a riflettere sulla relazione soggettiva con il corpo e con la salute, e sulla fragilità umana che ci accomuna tutti, basata su un corpo-mente evidentemente limitato e vulnerabile.
Andrea Castiello d’Antonio
Questa recensione è stata pubblicata sul numero 116 di MAGGIO 2025 della rivista elettronica
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