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Ambienti di lavoro avariati, corrotti, criminali

ambienti di lavoro tossici

E’ sotto gli occhi di tutti – tutti coloro che vogliono vedere – che esistono ambienti di lavoro disagiati. Disagiati nel senso di malati, distruttivi, deformati, disfunzionali, patologicamente disorganizzati, tossici, disarticolati, gestiti male o non gestiti affatto, in cui il concetto di “responsabilità” non esiste e in cui non vi è alcun rapporto tra prestazione professionale e retribuzione erogata (in altri termini: vi è gente che non si guadagna lo stipendio che riceve).

Si tratta soprattutto di ambienti di lavoro desueti ma protetti, nicchie di privilegi, angoli bui che sopravvivono nascosti a tutti, enti inutili ma tenuti in vita, società senza scopo che pure assorbono denaro pubblico, istituzioni iper-protette che vivono in ambienti statici, iper-tutelati, bloccati, congelati ma anche inattaccabili e indiscutibili, organizzazioni in cui lo stipendio a fine mese scorre regolare qualunque sia lo stato del Paese, dell’economia, della società, e qualunque sia l’output che tali pseudo-organizzazioni di lavoro producono.

In questi contesti generalmente vi è collusione. Collusione tra dirigenti, funzionari, impiegati e tecnici, tra management, quadri intermedi e personale operativo; nessuno fa emergere i problemi, nessuno “alza la bandierina”, nessuno protesta. La collusione permette a ciascuno di curare il proprio “orticello” che può essere di privilegio, dell’occuparsi dei propri affari nell’orario di lavoro, o semplicemente di coltivare il dolce far niente, tirando la giornata fino all’orario di uscita.

Tra i tanti che non lavorano, i raccomandati si mischiano ai miracolati, soggetti che nessuna impresa seria avrebbe mai selezionato per l’assunzione, e che non avrebbero alcuna chance di sopravvivere nelle organizzazioni meritocratiche che vivono nel business e nella competizione dei mercati.

Ambienti di lavoro corrotti e criminali

In questi contesti può con facilità prosperare il malaffare, la truffa, la classica criminalità dei Colletti Bianchi, soprattutto lì ove questi ultimi gestiscono un piccolo o grande potere legato alla gestione di un servizio diretto ad altri soggetti – utenti, clienti, cittadini – i quali, in qualche modo, dipendono dal loro “lavoro”…

Ecco che nell’ambiente disastrato, patologico, amorale, inquinato, in cui la motivazione, la decenza e la responsabilità non si sa cosa siano, emergono la delinquenza e la criminalità.

Emergono i gruppi di potere e di pressione, i sottoboschi in cui si gestiscono “gli affari”, le “cose nostre”, i piccoli gruppi chiusi in cui nessuno deve osare metter naso o metter bocca. Ambienti in cui fioriscono le minacce e le violenze morali (ma, talvolta, non solo morali) perpetrate verso coloro che osano non far finta di niente, non girarsi dall’altra parte, non evitare di vedere.

Cosa fare? Come intervenire?

Può forse essere sufficiente sostituire i capi di vertice, il management apicale, o questo e quel singolo dirigente? Può essere sufficiente dotare l’organizzazione di un bel Codice Etico, emanare ordini di servizio sull’importanza del cliente-utente (il cliente al centro!) o lanciare corsi di formazione sull’etica manageriale? No!

A qualcuno viene in mente l’immagine fantastica che, in ambienti del genere, per sistemare le cose, bisognerebbe entrare con uno squadrone di cavalleria al galoppo con le sciabole sguainate! Wishful thinking.

Tradotto in altri termini, si dovrebbe costituire un team di psicologi valutatori delle risorse umane, sociologi dell’organizzazione, auditors, controllori di gestione, tagliatori di teste, informatici ed esperti di contrattualistica e Compensation, e iniziare a fare piazza pulita di tutte le “mele marce”, cioè dei soggetti irrecuperabili, recidivi, incancreniti, inaffidabili, di mentalità criminale, para-mafiosi, sabotatori, manipolatori, falsificatori, o con un curriculum di valore sotto lo zero. A questi aggiungerei tutti gli incompetenti, cioè quelli che non conoscono e non sanno fare alcun mestiere professionale. E, certamente, tutti i violenti oppositori e i resistenti al cambiamento.

Ma sarebbe sufficiente? No!

Il team di consulenti dovrebbe essere affiancato almeno da altre due squadre. Una della Guardia di Finanza, e l’altra dei Carabinieri.

Solo in questo modo, credo, si potrebbe avere qualche seria speranza di ribaltare l’organizzazione malata-delinquenziale, risanarla e rilanciarla. E non c’è bisogno di ricordare che di ambienti di lavoro di questo genere ne abbiamo diversi in Italia; emergono nei fatti di cronaca, e abbiamo la possibilità di leggere continuamente sui quotidiani storie “esemplari”.

Riusciremo a risanare situazioni di questo genere?

 

Andrea Castiello d’Antonio