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10 MODI PER DE-FORMARE LE PERSONE NEI CORSI DI FORMAZIONE

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In Italia abbiamo vissuto parecchie stagioni di formazione de-formante, o semplicemente inutile.

Sulla inutilità di tanta formazione si possono ricordare la FORMAZIONE A PIOGGIA, la FORMAZIONE APPARENTE, le molte forme di PSEUDO-FORMAZIONE, e così via.

Dalla formazione CATTEDRADICA, NOIOSA, ANONIMA, portata avanti da docenti stanchi che proiettano e leggono pedissequamente pagine di libri, alla formazione DIVERTIMENTO, il cosiddetto Entertainment o Edutainment, non ci siamo fatti mancare niente…

Naturalmente, nel Paese del sole e del cibo, non poteva mancare la formazione VACANZA, centrata sul portare i partecipanti in hotel di lusso, rimpinzandoli di cibi e vini.

Sembra proprio che sia impossibile considerare il partecipante un essere umano adulto e che lavora, e che è chiamato a prender parte – attivamente!  – a un corso di formazione “normale”!

Il partecipante, il “formando”, può solo essere:

  • Uno SCOLARO, a cui si chiede di stare fermo, seduto e composto sul banco, e ascoltare il docente che con prosopopea legge le slide.
  • Un GIULLARE, che deve essere piacevolmente accolto in un villaggio-vacanze con l’animazione e i giochini.
  • Un MORTO DI FAME, che deve essere attratto a partecipare al corso perché ha l’opportunità di mangiare e bere bene.

Partecipanti come scolaretti, clienti di discoteca o avventori al ristorante… Tutto fuorché ADULTI che dovrebbero PRENDERE IN CARICO LA RESPONSABILITA’ DELLA PROPRIA FORMAZIONE!

E anche quando si “portano in aula” (…) partecipanti mediamente motivati – ed è già molto – ecco che è il docente (formatore, istruttore, addestratore, animatore, facilitatore… quante inutili etichette!) che può facilmente distruggerne il potenziale di crescita.

Come? Utilizzando 1 dei 50 modi per deformare le persone nei corsi di formazione di cui ho scritto nel mio libro “COME, QUANDO E PERCHE’ LA FORMAZIONE NON FUNZIONA”.

Eccone alcuni, tratti dal capitolo intitolato “50 MODI PER DE-FORMARE LE PERSONE IN TRAINING”:

  1. Omissioni e omertà. Non dare informazioni, non rispondere alle domande dei partecipanti, omettere dettagli che possono essere rilevanti. Far vivere le persone in una sorta di “bolla” in cui non sono chiari i termini, gli spazi e i tempi della sessione di formazione.
  2. Parlare, parlare, parlare. “Se dai la parola a un formatore, quello non finisce più…” diceva un vecchio responsabile della formazione, parlando di sé stesso, con evidente soddisfazione, senza avere il minimo dubbio che ciò che diceva era un chiaro sintomo del “non essere” formatore - piuttosto “fare la parte” del formatore -.
  3. Voler avere sempre l’ultima parola. Che gusto hanno alcuni insigni docenti nel far parlare e discutere i partecipanti per tanto tempo, per poi alla fine emergere con l’aria di chi dice “Ora vi dico io come stanno le cose!”. E l’ultima parola è quella che conta perché, dopo, si passa ad altro argomento…
  4. Lasciare andare il gruppo come vuole. Alcuni si chiedono perché doversi impegnare nel “gestire” il gruppo. Perdono tempo? Parlano di cose che non hanno alcuna attinenza con l’oggetto della sessione formativa? Affari loro. Vadano, vadano avanti, così il tempo passa e si fatica di meno!
  5. Abbandonare i partecipanti silenziosi. È semplice lasciare che chi non partecipa - e non si sa perché agisce in tal modo - sia da lasciare lì, al suo destino. Si lavora con gli altri, con quelli “che ci stanno”, il resto è come se fosse zavorra: presenti-assenti. Che rimangano tali.
  6. Giocare il ruolo di potere. Il vecchio, classico, modo per “tenere” un gruppo ed ergersi a “guida” del gruppo è quello di agire il potere: il potere di ruolo, di posizione, di competenza sull’oggetto della materia trattata, o comunque il potere tout court. Di fronte al potere, la gran parte dei partecipanti tace, e si allinea…
  7. L’azienda è cattiva, voi siete i buoni! Tradizionale strategia per “cavarsela alla buona” – come mi diceva un vecchio pseudo-formatore – quando le cose in aula si mettono male, o quando l’azienda ha dato in pasto agli arrabbiati collaboratori un po’ di formazione (e il formatore…).
  8. Orari ed intervalli: un optional. È facile accattivarsi la simpatia di un gruppo birichino, apatico, demotivato e sconclusionato, semplicemente facendogli fare quel che vuole. L’intervallo delle ore 11 per il caffè? Sul programma è di 15 minuti, ma se dopo una buona mezz’ora ancora non si vede nessuno, pazienza.
  9. Lancio una esercitazione, e via… Fa caldo, il formatore è stanco, e ha pure una certa età… Dopo pranzo, niente di meglio che “lanciare” una esercitazione, senza troppe spiegazioni (perché se capiscono poco cosa c’è da fare, impiegano più tempo) e via a fare un risposino nella saletta appartata.
  10. Role-playing per divertirsi. Che noia organizzare le simulazioni da manuale, con l’impegno di stabilire i ruoli, costruire i profili, stare lì a seguire i sottogruppi prima del “Ciack, si gira!”. Meglio prendere i due partecipanti più estroversi e gettarli lì, in mezzo all’aula, a improvvisare, e poi vediamo cosa viene fuori…

Le cause dei fallimenti della formazione sono, naturalmente, molte, e le descrivo nel libro di cui ho parlato anche in questo breve video www.youtube.com/watch?v=NyAFIUg3bto

Dalla COLLUSIONE DEL DOCENTE CON I PARTECIPANTI, agli STILI DI FORMAZIONE INEFFICACI, dalla INCOMPETENZA DEL FORMATORE “TUTTOLOGO”, all’AFFIDARSI MAGICAMENTE AL GRANDE NOME DELLA SOCIETA’ DI CONSULENZA senza rendersi conto che il fulcro non è il nome della società ma COLUI CHE ENTRA IN AULA NEL RUOLO DI FORMATORE…

Siamo ancora lontani – culturalmente – dall’idea che formazione, addestramento, apprendimento, aggiornamento, siano RESPONSABILITA’ DI CIASCUNO, e ciascuno dovrebbe assumerne la guida, al di là di ciò che propone l’azienda o la pubblica amministrazione di cui si fa parte.

Andrea Castiello d’Antonio